La sfida del vino più leggero
La leggerezza innanzitutto: da alcuni anni è questa la parola d’ordine che guida le scelte strategiche di Roberto e Linda Negri, anime di quella che una volta era conosciuta come Vinicola Negri.
Oggi i vini di punta dell’azienda di Villanova Maiardina sulle etichette – da poco rinnovate – portano il nome di Roberto Negri che, oltre che imprenditore del settore, è anche enologo.
Leggerezza, si diceva: in questo, i Negri sono aiutati dal fatto di lavorare essenzialmente sul Lambrusco, che da loro viene declinato in tutti i modi possibili.
Ma anche sul fronte delle “bollicine rosse” è possibile seguire percorsi diversi: «Molti produttori emiliani – spiega Linda Negri – puntano a produrre Lambrusco che può arrivare anche ai 12 gradi alcolici.
È una scelta che può anche essere valida, ma noi riteniamo che, per sua natura, il Lambrusco sia un vino che deve mantenere una grande bevibilità, non per nulla è l’unico vino rosso che si beve bene d’estate, anche fresco. Per questo, i nostri prodotti non superano i 10 gradi e mezzo».
Il concetto di leggerezza, tuttavia, non coinvolge solamente la gradazione alcolica del vino: un aspetto sul quale Roberto Negri da anni sta focalizzando la sua attenzione è quello della riduzione del contenuto di solfiti del vino.
I solfiti sono una componente che consente al vino di conservarsi nel tempo.
A loro, tuttavia, viene attribuito qualche spiacevole effetto collaterale in caso di consumo eccessivo di vino (cosa che va comunque sempre evitata), vale a dire il cosiddetto “mal di testa del giorno dopo”.
«I limiti europei per i solfiti nel vino – spiega Roberto Negri – sono di 150 milligrammi per litro per i rossi e 200 per i bianchi.
Gli italiani, rispetto ad altri produttori europei, sono molto bravi sotto questo aspetto, riuscendo a contenere la quantità di solfiti utilizzati.
Noi siamo riusciti a scendere a quota 60 per i rossi e 70 per i bianchi e puntiamo a scendere ulteriormente.
Per i bianchi, infatti, è maggiore il rischio di ossidazione». La possibilità di arrivare a non aggiungere solfiti al vino esiste, e qualcuno ci sta già provando.
Anche nel Mantovano: è il caso della cantina Giubertoni, che ha presentato da poco il suo Lambrusco Provincia di Mantova Igp “Zero”. Evidentemente, si ritiene di avere risolto il problema della conservazione del vino. In ogni caso, il Lambrusco non è certo vino da invecchiare.
Tornando alla Roberto Negri, da tempo l’azienda si cimenta con le variazioni sul tema del Lambrusco: da quelli tradizionali, alle versioni con bollicine metodo classico (con nomi ispirati alle Bucoliche di Virgilio, Mopso per la versione in rosso e Menalca per quella in rosa) e due vendemmie tardive (Fola, 100% Ancellotta, e Ròst, con Ruberti, Salamino e Ancellotta).
Anche per i Negri la nuova frontiera della commercializzazione è sul fronte dell’export, al punto che ormai il 60% della produzione aziendale viene venduta all’estero, con i mercati nordamericani (sia Stati Uniti che Canada) che si stanno sempre più affiancando a quelli tradizionali dell’Europa, con in testa la Germania.
gazzettadimantova.gelocal.it – 03/04/2015