Portare i figli in enoteca, per combattere i superalcolici
In Italia si beve sempre meno vino e i bevitori sono sempre più vecchi: in compenso i ragazzi italiani trangugiano sempre più superalcolici.
Di norma sono bottigliacce, magari reperite dai bengalesi che pur di vendere non chiederebbero la carta di identità a un poppante.
Ma erano italiani coloro che a Ferrara hanno servito diciotto (18) bicchieri di vodka a una ragazza di tredici (13) anni, poi ovviamente finita all’ospedale.
Il locale è stato chiuso per quindici giorni ma non basta, in tali casi anche i gestori dovrebbero essere chiusi (in carcere) per quindici giorni.
Inoltre urge una campagna forse fiscale e certamente culturale che provi a ritrasferire i consumi alcolici dai distillati al vino.
Anche col vino ci si può ubriacare, però più lentamente e più consapevolmente.
Ogni vino ha una storia e una geografia e spesso una faccia (io consiglio sempre di preferire i vini di aziende il cui nome è, responsabilmente, un cognome), mentre i distillati da un euro al bicchiere non si sa nemmeno da quale pianeta vengano.
Un Aglianico, o un Lambrusco o un Montepulciano o un Sangiovese, non lo puoi ingollare, lo devi sorseggiare e quindi non lo puoi soltanto bere, devi anche pensarlo e così, oltre alla bocca, sei costretto a mettere un po’ in moto anche il cervello.
Che i padri portino i figli in enoteca, se non vogliono portarli al pronto soccorso.
www.ilfoglio.it – 21/11/2016