Nell’oasi dei Carmelitani il vino bio del convento

Sarà l’unico vino di etichetta prodotto esclusivamente entro i confini di Treviso, e per di più benedetto. Un vino che ancor prima di nascere racconta già una storia che parte da molto lontano e arriva ai giorni nostri grazie all’intraprendenza di un vignaiolo, e alla tradizione dei Padri Carmelitani Scalzi di Treviso.

Ieri, dietro le mura che proteggono il giardino del convento, è iniziata infatti una piccola rivoluzione, quella che porterà all’impianto di un vigneto biologico nel terreno dove fino a qualche settimana fa sorgeva l’antica vigna dei Carmelitani, oltre 600 piante a bacca rossa di cui alcune secolari sradicate a inizio primavera.

L’espianto delle vecchie viti varrebbe di per sé un articolo tanta fu l’agitazione scatenata dall’arrivo degli operai nell’ampia comunità che gravita attorni ai Carmelitani. Il vigneto degli Scalzi, di cui anche noi avevamo parlato l’anno scorso, disegnava un’oasi di pace introvabile all’interno della città, e ancor più lungo il Put.

Tantissimi i fedeli che d’estate, durante le feste, alla domenica, amavano passeggiare sotto le bellissime volte verdi disegnate dai lunghi filari. Un tesoro di natura cancellato tra incredulità e scontento a inizio primavera tanto che i padri, nei giorni a venire, hanno dovuto rassicurare i fedeli perfino in chiesa, durante la messa: «State tranquilli, il vigneto tornerà».

Perchè era stato tolto? Perchè le piante erano ormai vecchie, molte infruttifere, un peso più che un valore che ricadeva poi sulle spalle dei volontari che ogni anno potavano le viti «facendo raccogliere il poco che davano».

È stato un incontro casuale, o forse provvidenziale, quello che ha portato dai padri Davide Bastianello, 46 anni, sposato, padre di tre bimbi, viticoltore di Quinto di Treviso che da sempre si dedica al biologico. «A quella terra mi lega un affetto personale» racconta senza confessare troppo, «quando mi hanno presentato la possibilità di coltivarlo non me la sono fatta sfuggire».

Ieri era il giorno del suo compleanno (provvidenza anche questa?) e con i tecnici ha iniziato a disegnare il nuovo vigneto: 1700 piante di Cabernet Sauvignon Gris, bacca violacea, capace di produrre un vino caratteristico, disponibile ad essere vinificato a bollicine e pure fermo, pronto per invecchiare.

«L’ho scelta perchè è una pianta molto resistente alle malattie senza trattamenti e il vino, assaggiato al centro studi dell’università al Cerletti di Conegliano, è molto buono». Davide e i padri si sono accordati sull’affitto della terra, ma anche della antica cantina nei sotterranei del convento, un piccolo gioiello di storia che ora tornerà a vivere.

«Ammetto è emozionate, voglio fare le cose la meglio anche perchè sono sotto gli occhi di tanti…» dice sorridendo indicando il convento, i fedeli e indirettamente magari anche qualcuno lassù. Per di vedere la prima bottiglia serviranno anni, ma Bastianello ha già le idee chiare: «Un’etichetta ad hoc, non so se sarà il “Vino del Convento” o simili, ma voglio che sia un prodotto unico e distintivo di questo fazzoletto di terra fertile e bellissima».
I padri osservano, annuiscono, sperano. Un precedente c’è, e nemmeno troppo distante: quello dei “fratelli” Carmelitani di Venezia che hanno fatto delle loro vigne a Santa Lucia un piccolo fenomeno nel mondo del vino. «Non cerchiamo il successo» spiega anche il nuovo priore padre Damiano la Manna, «ma volgiamo che questa terra continui ad essere coltivata e che convento mantenga il suo patrimonio naturale e umano». Ed ecco perchè

il vigneto ieri è stato ridisegnato anche tendo conto delle passeggiate che dovranno essere fatte tra i filari, per meditare e riposare la mente. Un domani magari anche con un calice in mano. Se non è peccato.

tribunatreviso.gelocal.it – 05/05/2018

I Commenti sono chiusi