Non chiamatelo vino: tutti gli inganni nelle bottiglie a cui fare attenzione

Vengono chiamati vino, ma non lo sono. Però bisogna conoscerli, questi veri e propri inganni enologici, per evitare di cadere nei tranelli che danneggiano sia il settore, che il consumatore. Stiamo parlando, ad esempio, del vino dealcolato, di quello zuccherato, del vino in polvere, di quello annacquato: sono solo alcune delle ultime clamorose pratiche enologiche che si stanno diffondendo nel mondo. E che Coldiretti ha scelto di mettere al centro della mostra «Non chiamatelo vino», al Vinitaly di Verona.

Questi tranelli in bottiglia sono favoriti dall’estensione della produzione a territori non sempre vocati e senza una radicata cultura enologica. E colpiscono direttamente anche i Paesi con una storia del vino millenaria, come l’Italia, per via della globalizzazione.

«Si tratta di un precedente pericoloso che apre la strada all’introduzione di derive che mettono fortemente a rischio l’identità del vino italiano, che è la principale voce dell’export agroalimentare nazionale», spiega Ettore Prandini. «È in atto una demonizzazione indiscriminata, pilotata da alcune multinazionali, che punta ad affermare un nuovo modello alimentare e culturale che danneggia il settore e mette in discussione storia, cultura e valori fortemente radicati nel cibo e nei vini made in Italy, la dieta mediterranea stessa, patrimonio Unesco e il consumo moderato e responsabile che contraddistingue il vino in Italia».

Per Approfondire:

Dealcolizzazione
L’Unione Europea la autorizza fra le pratiche enologiche. L’eliminazione totale o parziale dell’alcol è ammessa anche nei vini a denominazione di origine. E, anche se vengono del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per via di trattamento invasivo che interviene nel processo di trasformazione dell’uva in mosto, il prodotto che ne deriva si può ancora chiamare vino.

Zuccheraggio
È consentito nell’Unione Europea, tranne che in Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta e in alcune aree della Francia.

Kit fai-da-te
Sono in vendita dal Canada agli Stati Uniti, ma anche in alcuni Paesi dell’Unione Europea. Promettono di ottenere in casa, con polveri miracolose, il meglio della produzione enologica Made in Italy: bastano pochi giorni per creare a domicilio le etichette più prestigiose, come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco o Montepulciano. «Il problema non è legato solo all’utilizzo delle pregiate denominazioni del Belpaese», spiegano da Coldiretti, «poiché in base alla normativa europea del vino, non è possibile aggiungere acqua nel vino o nei mosti».

Vino senza uva
L’Unione Europea ha consentito la produzione di vino senza uva, autorizzando la produzione e la commercializzazione di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva, come lamponi e ribes, molto diffusi nei Paesi dell’Est.

Denominazioni ambigue
Evocano le eccellenze Made in Italy, senza esserlo: dal Prosek croato, un vino dolce da dessert tradizionalmente proveniente dalla zona meridionale della Dalmazia, al Bordolino argentino nella versione bianco e rosso con tanto di bandiera tricolore al Kressecco tedesco, dal Barbera bianco prodotto in Romania, al Chianti fatto in California, dal Marsala sudamericano a quello statunitense. È un mercato florido e i rischi riguardano l’utilizzo delle stesse o di simili denominazioni per indicare prodotti molto diversi. Contraffazioni e imitazioni provocano perdite stimabili in oltre un miliardo di euro sui mercati mondiali alle produzioni Made in Italy (stime Coldiretti). Anche se a far esplodere il falso è stata proprio la voglia di Italia all’estero, con la proliferazione di imitazioni «low cost».

Finto rosé
Vietato in Unione Europea, ma consentito in Nuova Zelanda e in Australia, è una miscela di vini da tavola che produce una bevanda dal colore rosato.

Vino annacquato
Negli Stati Uniti si può addirittura aggiungere l’acqua al mosto per diminuire la percentuale di zuccheri (pratica che, in Italia, è considerata una vera e propria adulterazione).

https://www.vanityfair.it

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