Vino e marijuana: ecco il cannawine, in California illegale ma popolare

Cannawine: il nome lascia poco spazio all’immaginazione. Con la legalizzazione della cannabis terapeutica e ricreativa nella gran parte degli Stati Uniti e in tutto il Canada, si è assistito a una proliferazione di prodotti di vario genere a base di marijuana confezionati e venduti. Questo fenomeno ha investito anche il mondo del vino, in particolare nelle regioni produttrici della costa occidentale, dove l’espansione della coltivazione e produzione della marijuana ha fatto tornare di moda il binomio tra vino e cannabis. Ma la storia dei cannawine, che stanno vivendo un nuovo periodo di gloria, parte da più lontano, ovvero dalla California hippie degli anni ’70.

Il vino con cannabis – o in modo più simpatico cannawine – è proprio una nuova tipologia di vino (se così possiamo definirla) in cui l’erba viene aggiunta alle uve durante la fermentazione in cui si sprigionano i componenti attivi della cannabis insieme ai sapori e agli aromi – un po’ come succede con i più famosi brownies alla marijuana – andando a creare una bevanda che oltre a essere alcolica ha anche effetti stupefacenti.

Ma come avviene nello specifico il procedimento? Sebbene il metodo sia semplice, permette innumerevoli variazioni a seconda dell’intento e della voglia di sperimentare dei vignaioli. La cannabis viene aggiunta al succo d’uva nel momento in cui inizia a fermentare, il calore stimola l’emissionede principi attivi, ovvero il THC, che causa l’euforia, e il CBD, che invece ha un effetto rilassante.
Oltre a questo metodo appena descritto, esiste una seconda opzione per creare il cannawine: i vignaioli possono lasciare la marijuna  in infusione nel succo prima che inizi la fermentazione, oppure permettere al vino di invecchiare sui fondi di cannabis dopo la fermentazione stessa.

Le origini moderne di queste produzioni possono essere rintracciate a metà degli anni ’70 in California, quando alcuni produttori di vino intraprendenti e avventurosi del Chalone Vineyard decisero di tentare di fondere vino e cannabis. Da allora, la produzione di cannawine è diventata sempre più popolare, con una delle prime adozioni commerciali da parte di Lisa Molyneux, proprietaria di Greenway Compassionate Relief Inc. a Santa Cruz, che ha lanciato la sua linea nel 2010, attirando l’attenzione di diverse celebrità interessate a produrre le loro miscele. La California è lo stato americano dove produzioni di questo tipo proliferano perché son legali, purché il prodotto non venga venduto.

Nonostante la cannabis sia legale per uso ricreativo in molti stati americani, la produzione commerciale di vino alla marijuana non può essere autorizzata a causa delle leggi federali che proibiscono la vendita di prodotti che la combinano con l’alcol. Per questo le aziende autorizzate a vendere alcol non possono vendere cannabis, e viceversa. Tuttavia, nonostante le restrizioni, alcuni vignaioli, soprattutto i più anziani, continuano a produrre vino alla marijuana per uso personale e per condividerlo con amici e colleghi, come ha raccontato recentemente il New York Times.

Esiste un’altra tipologia di vini a base di cannabis diffusa  nei 38 stati in cui è consentito l’uso terapeutica della sostanza: sono i vini dealcolizzati infusi con una combinazione di THC e CBD ed etichettati come tinture. La pratica di miscelare erbe medicinali e vino per curare il dolore è antica, ma negli ultimi anni è stata affinata. Il procedimento, che si chiama nanoemulsione di cannabis, si basa sulla decostruzione  delle particelle di cannabis fino al punto in cui arrivano ad essere abbastanza solubili da mescolarsi con i liquidi senza separarsi.. Per quanto riguarda l’effetto, si manifesta da venti minuti a un’ora dopo il consumo e, a differenza dei cannawine che hanno effetti più potenti, offre un maggiore bilanciamento con una dose bassa e controllata di THC e CBD.

https://www.gamberorosso.it – 24/05/2023

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