La Scandinavia come il Mediterraneo: ecco come la Svezia adesso scommette tutto sul vino
È il caso di Westervin, l’azienda agricola nata per la coltivazione di lattuga in serra e passata nel 2003 all’uva per la produzione di vino. Un’avventura, come racconta Italia Oggi, nata per caso dall’intuizione di Agne Johansson, che in tempi non sospetti ha messo in piedi nella Svezia Meridionale, vicino a Linköping, un vigneto di uva da tavola biologica. Una cantina innovativa che oggi può vantare 4,5 ettari in serre e oltre 1000 viti in campi aperti nel suolo svedese. E che insieme a Murre Sofrakis - il pioniere del vino svedese che per primo nel 2001, appena due anni dopo il via libera di Bruxelles alla coltivazione commerciale della vite in Svezia, ha piantato mezzo ettaro di viti nel giardino del mercato di suo padre a Klagshamn, alle porte di Malmö – ha dato il là a una generazione di viticoltori che sta cercando di scolpire una nicchia nel mercato nazionale e estero.
In effetti, sono tante le realtà ai confini del Nord Europa e lontane dalle tradizionali regioni vinicole mediterranee che stanno esplorando il potenziale dei vecchi territori artici. Basti pensare al fatto che in Svezia i vigneti sono passati da quattro a 40 in un solo decennio e che attualmente, secondo il gruppo industriale Svenskt Vin, nel Paese si dedicano alla viticoltura un quarto degli ettari coltivati dalla Francia, il primo produttore di vino al mondo. Una cifra per molti non ancora impressionante ma destinata a crescere, grazie anche tra la recente liberalizzazione del monopolio sugli alcolici e lo sviluppo di nuove tecniche e nuove varietà di uva resistenti al freddo.
Del resto, come raccontato all’agenzia di stampa francese Afp da Lena Magnergard, l’ex comunicatrice politica che nel 2019, insieme al marito agricoltore, ha fondato un vigneto a Selaön, un’isola a un’ora a ovest di Stoccolma, «ci sono milioni di tecniche e non ho un nonno o una nonna a cui chiedere, quindi dobbiamo capirci da soli». Magnegard ha ora circa 1000 viti grazie a cui ha prodotto nel 2021 il suo primo vino. Un risultato difficile da ottenere senza una tradizione vinicola di riferimento, ma possibile, a sua detta, «grazie a vigneti che hanno bisogno di poco tempo per la fioritura e che sopportano molto bene il freddo». Uno su tutti quello di solaris, l’uva sviluppata in Germania negli anni Settanta proprio per essere adatta al clima più fresco e per resistere alle malattie.
Una varietà che funziona molto bene a nord come a sud, tanto da dominare anche sulla penisola di Bjare, avviato nel 2015 da una coppia svedese-americana, dove pure grazie al clima più mite si coltivano uve di pinot nero. La prova di come tante varietà d’uva, anche ibride, stiano dimostrando di potersi sviluppare sul territorio svedese, così come fiutato dagli enologi Emma Berto e Romain Chichery proprio sul vigneto Thora Vingård che solo l’anno scorso ha prodotto 10.000 bottiglie e che l’annata 2024 punta a raggiungere le 20.000.
«È la prima volta che riusciamo a competere ad armi pari con il resto del mondo del vino, e questo è molto importante» ha dichiarato all’Afp il pioniere della viticoltura svedese Murre Sofrakis . «Se avessimo avuto questa possibilità 20 anni fa, la viticoltura svedese sarebbe già molto più grande». Una nuova fase, che potrebbe rivitalizzare ancora di più un settore per ora di nicchia e esplorare un potenziale finora inespresso.
https://www.gamberorosso.it – 01/08/2024