Compri una Barbera e bevi un Brunello: addio alla tipicità nei vini
C’era una volta la tipicità: la denominazione del vino indicava determinate caratteristiche. Una sperimentazione ci racconta come ormai ciò sia solo un ricordo.
Mi ha colpito il comunicato diffuso in questi giorni, che pubblichiamo di seguito, inviatomi dall’autorevole Centro Studi Assaggiatori di Brescia, guidato dall’amico Luigi Odello, che ha compiuto un’interessante degustazione che ha messo in evidenza quello che, dal mio ben più modesto osservatorio di vecchio cronista del vino, rilevo sempre più negli ultimi anni, ovvero una omologazione nelle caratteristiche dei vini, in particolare i rossi ma a volte anche i bianchi e gli spumanti, che rende sempre più complicato individuarne l’origine, anche da parte di esperti di vaglia, figuriamoci per il consumatore medio o il semplice appassionato.
La Barbera (anche quella d’Asti seppure nel caso non oggetto del test) è uno dei vini che forse maggiormente è cambiata profondamente negli ultimi anni, stemperata al massimo la sua spiccata acidità naturale, per renderla più “internazionale” si è lavorato molto in vigna e cantina ed effettivamente oggi spesso non è molto facile, in una degustazione alla cieca (senza vedere l’etichetta) identificarne con precisione l’origine.
Certo, come dice giustamente Odello, un prezzo da pagare alle esigenze del mercato, ma a me la tipicità della Barbera piaceva… anche se mi rendo conto di essere ormai probabilmente un anziano nostalgico.
Il comunicato:
“Un gruppo di 27 esperti di vino (sommelier, enologi e assaggiatori) alle prese con un compito all’apparenza non impossibile: attribuire a dei vini una denominazione e la regione di provenienza.
I risultati: un Oltrepò Pavese Doc Barbera è stato identificato correttamente solo dal 14% dei degustatori. Gli altri hanno creduto fosse Lambrusco (25%), Bonarda (15%), alcuni sono arrivati a pensare che si trattasse di Sangiovese, Brachetto, Cabernet o Marzemino. Il 40% degli assaggiatori l’ha collocato in Emilia e solo il 25% nella sua reale regione di provenienza, la Lombardia.
Peggio è andata a una Barbera d’Alba: nessuno ha attribuito il vino a tale denominazione, né al vitigno, né alla regione. Alcuni assaggiatori l’hanno addirittura indicata come Brunello.
“Non si è trattato di incapacità degli assaggiatori, tutti peraltro molto esperti – ha commentato Luigi Odello, presidente del Centro Studi Assaggiatori e professore di Analisi sensoriale in diverse università italiane e straniere – I vini sono sempre meno omogenei per denominazione. In poche parole: sono sempre meno tipici. Possiamo comprenderne il motivo: se io sono un produttore devo rendere il mio vino diverso da quello dei concorrenti della medesima zona, quindi cerco di dargli un carattere diverso lavorando in cantina”.
Una sperimentazione che in fin dei conti ribadisce nuovamente come la mappatura del vino per denominazioni e regioni sia probabilmente inadeguata rispetto al mercato attuale. “La situazione attuale pone inoltre un interrogativo di correttezza dell’informazione per il consumatore – ha concluso Odello – In definitiva non c’è certezza per chi compra di avere un prodotto con determinate caratteristiche sensoriali”.
Chi è il Centro Studi Assaggiatori
Il Centro Studi Assaggiatori è l’unità di ricerca sull’analisi sensoriale più avanzata e completa nel nostro paese. Fondato nel 1990, ogni anno compie migliaia di test sui consumatori per verificare la qualità percepita di prodotti e servizi. Collabora nella ricerca con università italiane e straniere. E’ editore del trimestrale L’Assaggio e dell’omonima collana di volumi dedicati all’analisi sensoriale.