Vino in musica, viaggio fra i cantautori italiani
Alla ricerca della conferma di quanto il vino sia un concetto presente nell’espressione artistica, vogliamo andare stavolta alla ricerca delle tracce “enologiche” che si possono trovare nei testi della musica moderna, di quella “canzone popolare” che fa parte della nostra quotidianità.
Emblematica, in questo senso, è “Il vino”, lascito prezioso del grande (e troppo poco apprezzato) cantautore livornese Piero Ciampi: “Ma com’è bello il vino, rosso rosso rosso…”, un inno alla bevanda di Bacco come metodo per dimenticare le pene della vita.
Su questa linea malinconica, colorata da sfumature che richiamano momenti politici del recente passato, galleggia anche il bolognese Claudio Lolli nella sua “Albana per Togliatti”: “A quel vino ci mettiamo sotto come a una cascata, è così rosso, anche se è Albana…”. Restiamo nel fertile terreno della musica d’autore italiana con il suo forse più grande interprete, Fabrizio De Andrè e la sua “La Collina”: “Dov’è Jones il suonatore che fu sorpreso dai suoi novant’anni e con la vita avrebbe ancora giocato, lui che offrì la faccia al vento, la gola al vino e mai un pensiero non al denaro, non all’amore né al cielo”.
Ma il vino è anche allegria, gioia di vivere, sensazioni forti come quelle descritte da Francesco Guccini nella sua torrenziale “L’Avvelenata” : “mi piace far canzoni e bere vino, mi piace far casino…”.La toccante storia che racconta Lucio Dalla in “4 Marzo 1943” ci porta ancora una volta in osteria, davanti ad un semplice tavolo di legno con quattro sedie impagliate intorno: “ E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino”.
I meno giovani ricorderanno il gruppo dei Caravan, menestrelli di un’Inghilterra crepuscolare e fredda come la loro “Winter Wine”: “How you’re always flowing, blowing in my mind” (Vino d’inverno, tu scorri , soffi nella mia mente).
L’atmosfera newyorkese che crea Billy Joel in “Scenes from an Italian restaurant” è inconfondibile: “A bottle of white, a bottle of red, perhaps a bottle of rose instead, we’ll get a table near the street, in our old familiar place” (Una bottiglia di rosso, una bottiglia di bianco, forse invece una bottiglia di rosato, sceglieremo un tavolo sulla strada nel nostro vecchio, solito locale”.
Il vino è anche antidoto alla nostalgia e allo sradicamento, come in “Pablo” di Francesco De Gregori: “Lui conosce le donne e tradisce la moglie, con le donne ed il vino e la Svizzera verde…”.
Che dire, poi, degli eccessi di “Luci-ah” di Lucio Battisti? “La botte era grande, il vino era buono lo sai anche tu, ti è tanto piaciuto che ci hai fatto il bagno, non farlo mai più…”.
Ma il vino non lenisce le ferite d’amore, come nella stupenda “Guapparia” di Libero Bovio: “Mm’aggio bevuto nu bicchiere ‘e vino pecché, stanotte, ‘a voglio ‘ntussecá…” Quante emozioni, quanta forza e quanta bellezza in quel bicchiere disperato! Un aiuto a capire queste emozioni ce lo possono dare le emozionanti, quasi definitive parole di Robert Fripp, raffinato musicista inglese: “La musica è il vino che riempie il calice del silenzio.”