Quousque tandem abutere …

L’italica, conclamata incapacità di pensare in termini strategici è assolutamente sconfortante.
Sul Giornale di Vicenza del 19 gennaio Pietro Zambon, presidente di Collis, gruppo di cui fa parte anche la Cantina Sociale dei Colli Berici, si è lasciato andare a dichiarazioni che mi hanno fatto saltare sulla sedia.
Imboccato dal giornalista sul presunto squilibrio qualitativo (questioni di “etichetta”, secondo la domanda) tra le denominazioni veronesi offerte dal gruppo e la proposta vicentina, il presidente ha risposto così:

<<Questa è la sfida più importante che il versante vicentino del Gruppo dovrà prossimamente affrontare. È assolutamente necessario individuare un vino che abbia una personalità forte e un nome in grado di presentarsi in modo vincente sul mercato. Occorre superare le classiche denominazione del Cabernet, del Merlot e del Tocai (o Tai) e creare un rosso importante e di grande personalità. Abbiamo tutto quello che serve per superare la prova: un terreno in ottima esposizione collinare vocato da secoli alla viticoltura, aziende ricche di storia e dotate delle più moderne tecnologie, una holding alle spalle, in grado di garantire assistenza tecnica e supporto commerciale. Assieme al Consorzio dei vini dei Colli Berici ci metteremo quanto prima al lavoro per dare concretezza a questa necessità>>

Se poi si aggiunge che voci di corridoio raccontano che durante una riunione presso la sede di Barbarano Vicentino della stessa Cantina Sociale, è stato detto in soldoni ai viticoltori di espiantare il Tai (già Tocai) Rosso (varietà tipica dei colli, unica ed affine al Grenache) in favore di nuovi impianti incentrati su Moscato, Sauvignon e, se si potesse, Glera (Prosecco), ecco che i coglioni cominciano a girare.
Perché son vent’anni che sento blaterare a vanvera delle potenzialità dei Berici (qualcuno sparava similitudini con il Medòc !), senza che questa paventata vocazione si sia mai palesata, se non tra alcune produzioni di nicchia (va detto: quasi tutte con base fuori dai Berici).
E intanto, la qualità generale è cresciuta sui vicini Colli Euganei, a Gambellara, a Breganze. Puntando sulle varietà più radicate, tradizionali e vocate dei singoli territori.
Sui Berici si è sempre continuato ad inseguire la volubilità del mercato.
E quando il mercato non tirava più, giù a chiedere contributi per la distillazione, per l’espianto ed il reimpianto con nuove varietà alla moda del momento (contributi che vengono erogati con soldi nostri).
Per quanto tempo pensate, signori, che il globo continuerà ad assorbire tutto queste bottiglie di Prosecco, anonime nell’etichetta e nel contenuto ? E di Moscato ? E di Sauvignon ?
E quale sarebbe, di grazia, questo “rosso importante e di grande personalità” ?
Forse l’ennesima denominazione calata dall’alto senz’arte ne parte ?
Ovunque si esaltano tipicità e tradizioni e qui si esorta ad espiantare il Tocai Rosso (e chiamiamolo per quello che è, per una volta, in barba agli ungheresi). Che equivale ad una bestemmia.
Perché, se non ve ne siete mai accorti, è quello il rosso importante e di grande personalità che cercate.
Mai bevuto nulla che viene dalla parte meridionale della Valle del Rodano, o dalla Spagna, da quella piccola e meravigliosa  denominazione che si chiama Priorat ?
Avete mai dato un’occhiata ai listini delle aziende che fanno vino con quest’uva (che per loro è Grenache o Garnacha e per voi è Tocai Rosso) ?
E senza andare lontano, avete mai assaggiato i Tocai Rosso prodotti con passione da Alessandro Pialli. (Si che li avete assaggiati: li avete pure declassati da Barbarano a Tai Rosso “generico”, e poi li avete pure premiati, con una coerenza degna del più navigato politico).
Ah, già, avete ragione. Bisogna imparare a fare terroir con il Tocai, mentre i protocolli colturali e di vinificazione per Moscato, Sauvignon, Prosecco e Dio sa cos’altro avete in mente ce li avete già ben chiari, perché intendente replicare esperienze universali al territorio dei Berici.
Perché non costa nulla, in termini di tempo, ricerca ed investimento.
E invece dovreste farvi un mazzo tanto con il Tocai, decidendo prima che identità dargli e poi comunicandola.
Sorvoliamo poi che nella dichiarazione del presidente non viene citata l’altra uva che sui Berici ha un territorio unico di elezione: il Carmenére. Ma no, dimenticavo che da queste parti si è soliti liquidarlo come il cugino sfigato del Cabernet Franc (*).
Ma in fondo capisco il presidente. Nella sua parabola di dirigente deve dar conto ai soci di bilanci e via discorrendo. Non ha giusto tempo di fare strategia, deve pensare alla tattica per portare a casa la pagnotta.
Allora bisogna fare appello ai conferitori, vignaioli e contadini, per togliersi d’impaccio. Non cedete alle lusinghe di una rapida remunerazione, dite no agli espianti, difendete il patrimonio di vigne e tradizioni, investite in campagna, sperimentate.
Certo, la proposta del Presidente Zambon, che il suo mestiere lo sa fare, garantirà liquidità e profitti nel breve termine.
Ma è una scellerata demolizione del territorio. Un annullamento dell’identità. L’ennesima violenza al Veneto vitivinicolo.
Pensate al futuro.
Che non è quello dei prossimi tre o cinque anni. E’ il futuro delle prossime generazioni, dei vostri figli e nipoti.
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(*) Il lavoro di zonazione dei colli portato avanti da Veneto Agricoltura (lasciato evidentemente nel cassetto, e son soldi nostri) ha evidenziato come la parte orientale dei Berici sia maggiormente vocata al Tocai Rosso, mentre quella occidentale (che guarda verso Verona) ai tagli bordolesi in generale. Esperienze consolidate di aziende, anche importanti (Inama su tutti) hanno dimostrato inoltre le potenzialità del Carmenére in questa zona.

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