Andrea Fiacco, il chimico che si fece artigiano del vino

Ho conosciuto Andrea Fiacco tanti anni e tanti kilogrammi fa, soprattutto per me. Eravamo tra i più giovani iscritti dell’Atletica BR Sermoneta. Lui correva, bene, e studiava chimica, pure meglio. Non ci siamo visti per tanti anni, almeno trenta. Ho però sempre avuto notizie su di lui. So che ha lavorato come chimico in un importante ditta della zona poi ha mollato tutto e si è messo a fare il vino insieme ad altri. Gli altri ci mettevano terre e vigne, lui la competenza. Anche perché chimica ed enologia viaggiano su un terreno comune, per quanto strano possa sembrare a noi comuni mortali.

Andrea nel tempo si è fatto una gran fama come esperto di vini. Ha creato un’impresa, la Cantina Montecorvino, che vende vino ai migliori ristoranti del Lazio. Fateci caso se andate a cena fuori. Probabile che dietro i vetri delle cantinette ci sia almeno una bottiglia di Rapiglio o di Petrara. In una di queste mattine prenatalizie lo sono andato a trovare nella sua tana sotto Sermoneta con un mio amico, L’Avvocato. L’Avvocato, oltre che giurista splendente e marinaro coraggioso, è anche assaggiatore di vini “onavista”, nel senso di qualificato Onav.

Ne siamo usciti meravigliosamente stravolti. Andrea è stato un uragano di parole e emozioni, oltre che cavalier offerente di numerosi assaggi vinosi. Poco ci capisco di enologia ma quei vini mi sembravano tutti deliziosi. L’Avvocato, più esperto di me, non credeva alle sue esigenti papille. Ci ha fatto assaggiare bianchi di tutti i tipi. I rossi li aveva già venduti tutti ed ha aperto una sua bottiglia personale di Merlot. Sono arrivate sul tavolo numerose bottiglie di Trebbiano e Chardonnay. Annate 2021, 2022 e 2023. Con tappo di sughero e tappo sintetico. Bianchi in botte di legno e botte d’acciaio. Ci ha fatto provare i suoi esperimenti e chiesto il nostro parere. Ha aperto una profumatissima bottiglia magnum di greco di tufo che dal colore sembrava oro liquido.
Molti degli esperimenti li ha accantonati perché non era soddisfatto. Non li produrrà per il commercio e quindi noi abbiamo provato qualcosa che “andrà perduto nel tempo, come lacrime nella pioggia”.

A noi è sembrato un sacrilegio. Mentre parlavamo saranno entrate in cantina quaranta persone diverse. Chi per dare un parere sull’ultima vendemmia, chi per prendere un cartone di vino, chi solo per un saluto. E’ passata una comitiva di ex ragazzi del G.B.Grassi, ora un po’ grandicelli, che avevano ordinato un cartone di bottiglie di rosso in ricordo di un loro amico che non c’è più. Abbiamo fatto amicizia con una coppia che è si è presentata con un piatto di mozzarelline di bufala prese sotto Sezze e che sono state generosamente offerte al popolo passante. Abbiamo promesso a due ragazzi di Roccagorga che li andremo a trovare al loro ristorante, La Tana dei Carbonari, col menù che cambia ogni settimana.

Intanto Andrea ci indicava i luoghi in cui coltiva la sua ambrosia. La pianura intorno a Bainsizza per il Trebbiano. Valvisciolo per lo Chardonnay e il Merolt. Ci ha spiegato due progetti futuri. Uno, che è ormai avviato e berremo tra un paio d’anni, è il Montepulciano coltivato sull’assolata collina dominata da Norma. Un altro, tutto da costruire, che è anche una suggestione mai provata da nessuno, è un rosso, forse Pinot Nero, che vuol far nascere a cinquecento metri d’altitudine nella zona di Bassiano. Andrea è diretto, sincero e poco diplomatico, ma senza l’accenno di mezza polemica.
Lo abbiamo provocato con un confronto con le altre e ben più note realtà vinicole della zona; Casale del Giglio, Cincinnato, Carpineti.

E’ stato perentorio “Non ha senso fare confronti. Io senza di loro non potrei esistere e gliene sarò grato per sempre. Loro fanno però una cosa diversa. Io non voglio creare un’azienda che faccia vendita alla massa. Faccio l’artigiano del vino. Voglio vivere le mie vigne con pochi fidati amici. Voglio far vedere che possiamo fare, pure qua da noi, qualcosa di eccezionale. Al molto buono ci siamo arrivati, ma penso si possa arrivare all’eccellenza coi nostri prodotti e le nostre idee”. Praticamente un fondamentalista della viticultura, un trockista del nettare degli dei gli diciamo e lui sorride.

Gli ho fatto notare che forse, preso dagli effluvi dei suoi vini, si è sbottonato un po’ troppo e potremmo rivelare ad altri le sue intuizioni e i suoi progetti. Pure in questo caso la risposta è stata spiazzante “Magari mi copiassero. Non voglio primeggiare o fare soldi. Se lo avessi voluto fare non avrei cambiato lavoro e non girerei in Doblò a cinquant’anni con le cambiali da pagare. A me interessa che circolino idee e passione”. C’è un termine, purtroppo abusato e che si solito non mi piace. Lo usano in troppi per indicare persone che hanno idee fuori dal comune ed in anticipo sui tempi. Quel termine è visionario. Per Andrea Fiacco e solo per lui ha un senso reale.

https://fattoalatina.it – 12/01/2025

I Commenti sono chiusi