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Vino e marijuana: ecco il cannawine, in California illegale ma popolare

Cannawine: il nome lascia poco spazio all’immaginazione. Con la legalizzazione della cannabis terapeutica e ricreativa nella gran parte degli Stati Uniti e in tutto il Canada, si è assistito a una proliferazione di prodotti di vario genere a base di marijuana confezionati e venduti. Questo fenomeno ha investito anche il mondo del vino, in particolare nelle regioni produttrici della costa occidentale, dove l’espansione della coltivazione e produzione della marijuana ha fatto tornare di moda il binomio tra vino e cannabis. Ma la storia dei cannawine, che stanno vivendo un nuovo periodo di gloria, parte da più lontano, ovvero dalla California hippie degli anni ’70.

Il vino con cannabis – o in modo più simpatico cannawine – è proprio una nuova tipologia di vino (se così possiamo definirla) in cui l’erba viene aggiunta alle uve durante la fermentazione in cui si sprigionano i componenti attivi della cannabis insieme ai sapori e agli aromi – un po’ come succede con i più famosi brownies alla marijuana – andando a creare una bevanda che oltre a essere alcolica ha anche effetti stupefacenti.

Ma come avviene nello specifico il procedimento? Sebbene il metodo sia semplice, permette innumerevoli variazioni a seconda dell’intento e della voglia di sperimentare dei vignaioli. La cannabis viene aggiunta al succo d’uva nel momento in cui inizia a fermentare, il calore stimola l’emissionede principi attivi, ovvero il THC, che causa l’euforia, e il CBD, che invece ha un effetto rilassante.
Oltre a questo metodo appena descritto, esiste una seconda opzione per creare il cannawine: i vignaioli possono lasciare la marijuna  in infusione nel succo prima che inizi la fermentazione, oppure permettere al vino di invecchiare sui fondi di cannabis dopo la fermentazione stessa. Leggi il resto di questo articolo »

Il calice di vino va scelto e maneggiato con cura: ecco come e perché

Quali sono i calici più adatti per servire vini rossi, bianchi o spumanti? Chiariamo subito che il bicchiere dell’acqua (Tumbler) alto o basso che sia va bene per bere acqua, appunto, o piacevoli drink come ci insegna la grande scuola della mixology, molto ben rappresentata dai nostri barman in tutto il mondo. Ma è bandito per il servizio del vino!

Il vino si serve rigorosamente nel calice, ovvero il bicchiere alto, quello con lo stelo e si maneggia dallo stelo, appunto, non dalla coppa. La mano sulla coppa scalda il vino con un gesto orribile che lascia impronte sul vetro. Insomma, non si fa e con l’aggravante del dito mignolo alzato diventa una vera e propria cafonata.

Ma quali sono i calici più adatti al servizio del vino? E soprattutto come sceglierli per uso domestico, ad esempio, senza accendere un mutuo? Anzitutto oggi le dimensioni dei calici sono sufficientemente importanti da poter sostituire quasi sempre il decanter (un bell’oggetto, ma costoso e che utilizzo quasi mai).

Tuttavia l’importanza del bicchiere è fondamentale. Ogni vino ha caratteristiche organolettiche differenti, quindi – a voler fare i bravi scolaretti – sarebbe meglio utilizzare un calice adatto che le esalti appieno. Esistono quelli da Chardonnay, quelli da Bordeaux, da Nebbiolo o da Borgogna (solitamente uguali). E poi c’è chi beve gli spumanti in coppa, chi nella flûte e chi predilige il classico calice da Chardonnay

Oggi si sta diffondendo l’abitudine di usare un solo tipo di bicchiere di dimensioni importanti in cui versare tutte le tipologie di vino, spumanti compresi. Ve lo descrivo al volo. Si tratta di un calice medio a “tulipano” che però non ha un nome vero e proprio. Le pareti tendono a chiudersi verso l’alto (o perlomeno si avvicinano) e, pertanto, consentono la percezione – anzi la facilitano – delle sostanze volatili. È la scelta che consiglio, in quanto utile e poco dispendiosa.

https://www.ilsole24ore.com – 20/05/2023

Vino Amarone, pace fatta tra Consorzio Valpolicella e Famiglie storiche

“Il Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella e la società Famiglie Storiche comunicano di avere definito ogni contenzioso tra loro pendente, avente ad oggetto l’utilizzo della Docg (Denominazione origine controllata garantita, che vale per i vini doc più prestigiosi)  ‘Amarone della Valpolicella’.

Consorzio e Famiglie Storiche condividono l’obiettivo di agire, ciascuno per quanto di propria competenza, per lo sviluppo della Docg ‘Amarone della Valpolicella’ e delle altre denominazioni della Valpolicella, favorendo un clima di equa competizione tra produttori, rispetto reciproco, collaborazione e dialogo; ribadiscono l’importanza della difesa della Docg ‘Amarone della Valpolicella’ e delle altre denominazioni del territorio e della loro promozione in Italia e all’estero, con l’obiettivo di favorire la loro conoscenza e di consolidarne il successo, nell’interesse di tutta la collettività”.

E’ quanto si legge in una nota congiunta a firma di Christian Marchesini per il Consorzio Tutela Vini Valpolicella e di Pierangelo Tommasi per Famiglie Storiche.

https://www.ilrestodelcarlino.it – 18/05/2023

Vino, proposta Docg unica per lo Zibibbo di Pantelleria

Si è conclusa a Pantelleria la tre giorni di incontri sul futuro vitivinicolo e agricolo dell’isola dal titolo “Zibibbo è Pantelleria”.
Oltre 30 gli interventi che si sono succeduti nei diversi momenti di confronto organizzati dal Comune.

Un’iniziativa voluta dal sindaco Vincenzo Campo per promuovere i prodotti e le bellezze dell’isola vulcanica, ma soprattutto per difendere lo Zibibbo, vite da sempre coltivata dai vignaioli panteschi. Oggi il nome Zibibbo figura come vitigno o sinonimo di Moscato nell’etichetta della Doc Sicilia e Igt Terre Siciliane ma non nella Doc Pantelleria.

Tra le tante proposte, anche concrete, la più significativa è quella di lavorare ad una Docg Pantelleria Zibibbo, che comprenda l’intera produzione dell’isola. Spetta adesso ai viticoltori e piccoli imbottigliatori panteschi trovare un’unità di intenti e lavorare per la rinascita del vino locale. Una sponda possono trovarla nell’associazione formata da vip e amici dell’isola che hanno scelto Pantelleria come buen retiro, ma anche in chi, durante la tre giorni, si è offerto di fare una ricerca e sperimentazione di ceppi di zibibbo antico e chi di lavorare ad una zonazione innovativa. Il sindaco Campo ha ricordato i 52 milioni di euro in arrivo grazie al Pnrr.

“Non è una battaglia per il solo vitigno e vino di Zibibbo” ha sottolineato Giampietro Comolli, uno dei più grandi esperti negli anni di consorzi e vini Doc chiamato dal sindaco a stimolare sui temi del dibattito. “E’ la difesa di una produzione che identifica Pantelleria nel mondo. Senza Zibibbo, senza vigne, c’è l’abbandono delle terre. Delocalizzare lo Zibibbo vuol dire incentivare un lento declino produttivo economico vitale a vantaggio di pochi imprenditori non panteschi”.

I piccoli produttori oggi divisi fra associati a Consorzio, associati a Pantelleria Enoica e anche quelli non aderenti a nulla intendono percorrere la strada di una sola “Docg” autonoma, con sede sull’isola. Ovviamente in questo caso confluirebbero dentro un unico Consorzio di Tutela.

https://www.ansa.it/sicilia – 10/05/2023

C’è troppo vino, riunione d’emergenza al Ministero

Che non andasse tutto bene era chiaro da un po’. E non poteva essere altrimenti con l’Italia reduce da due vendemmie a 50 milioni di ettolitri, giacenze in aumento e tensione sui prezzi. Senza contare il rallentamento delle vendite in Gdo, non solo in Italia ma anche all’estero.

Tre Bicchieri aveva già fatto un giro di ricognizione a dicembre scorso (vedi storia di copertina “C’è troppo vino, Serve un piano per il vino italiano”) sentendo i principali territori sotto pressione. Anche allora il responso era stato unanime: bisogna intervenire. Ma come?  Intanto sono passati cinque mesi: tra tre mesi sarà di nuovo tempo di vendemmia e la soluzione non è ancora stata trovata.

Il Tavolo di oggi, convocato dal Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare su richiesta delle Commissione Ue per capire lo stato del settore, doveva servire proprio a questo: trovare una soluzione condivisa. Ma di condiviso c’è ancora poco.

L’ipotesi più concreta è quella della distillazione di crisi, ovvero la pratica, remunerata con i fondi pubblici, che permettere di trasformare in alcol il vino in eccesso e destinarlo ad altre produzioni (alcol etilico e, quindi, disinfettati comuni). La ratio è quella di non produrre vino in eccesso ed essere pagati propri per non farlo, in questo modo si toglierebbero i vini generici dal mercato per permettere ai vini di maggiore qualità di non subire la concorrenza di quelli di fascia più bassa.

Delle nove sigle di settore coinvolte dal ministro Francesco Lollobrigida, Leggi il resto di questo articolo »

MaWi: il vino sostenibile e resistente di Maculan

MaWi è il primo vino PIWI dell’azienda Maculan, storica realtà vitivinicola con sede a Breganze (Vicenza). L’etichetta nasce da uve Cabernet Volos e Merlot Khorus, varietà resistenti alle malattie fungine che richiedono minori trattamenti in vigna. Con MaWi Maculan esplora un’esperienza vitivinicola che unisce la tutela del territorio ai tratti stilistici dell’azienda. Anche il packaging pensa all’ambiente e alla sostenibilità: la bottiglia in vetro dal peso inferiore ai 450 grammi veste un’etichetta ottenuta interamente da cotone riciclato.
La Cantina avvia il progetto PIWI nel 2017, con l’iniziale messa dimora di 4000 viti di Merlot Khorus e Sauvignon Rytos, due varietà selezionate dall’Università di Udine, e in seguito di 4300 viti di Cabernet Volos.

Nel 2020 Maculan è tra le sette aziende protagoniste dell’iniziativa Passaporto Ambientale per i prodotti agroalimentari della Montagna Vicentina grazie all’introduzione di varietà resistenti in vigneto, ottenendo così il Passaporto Ambientale che favorisce la progettazione e la commercializzazione di nuovi prodotti agroalimentari, rispettosi dell’ambiente. L’iniziativa, finanziata dal Programma di sviluppo rurale della Regione Veneto, ha visto la stipula dell’accordo volontario con l’allora Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), per cui le realtà coinvolte si impegnavano nella riduzione dell’impronta ambientale di uno o più prodotti sotto la guida del
Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova.

“I vigneti di MaWi – spiega Maria Vittoria Maculan, enologo dell’azienda breganzese – Leggi il resto di questo articolo »

In Olanda un gruppo di suore lancia un appello per vendere il vino “o lo berremo tutto”

Un meraviglioso video di presentazione, la mission dell’azienda ben spiegata e un messaggio d’appello a tutti i bevitori: potrebbe essere il video di una cantina vitivinicola multimilionaria e invece è stato realizzato dalle suore del monastero di Sint-Catharinadal a Oosterhout, in Olanda. Ma che vogliono queste consorelle? La vendemmia dello scorso anno è stata super abbondante e quindi hanno tante bottiglie in eccesso prodotte dal vigneto. Le vogliono vendere e per farlo si sono affidate a uno strumento che ancora non conoscono molto bene: internet.

Il convento nel Sud dei Paesi Bassi ha avviato l’attività del vigneto nel 2014 perché particolarmente adatto alla crescita della vite: puro business dunque ma a fin di bene, ovvero mantenere economicamente le suore e aiutare chi ne ha bisogno. Finora hanno prodotto lo stretto necessario: qualche bottiglia per il consumo personale, qualcun altra da vendere all’emporio del Sint-Catharinadal ma l’anno scorso qualcosa è cambiato: “Abbiamo avuto una bella estate — dice Suor Magdalena — con temperature calde che ci hanno permesso di ottenere oltre 60 mila bottiglie di vino”. Un prodotto figlio del cambiamento climatico dunque: in linea teorica i Paesi Bassi non dovrebbero neanche lontanamente poter avere questa resa.

Il costo delle bottiglie è di 14,50 euro e ci sono auxerrois, pinot bianco e pinot grigio, o un pinot nero/gamay rosé. A chi le chiede come mai non abbiano puntato sulla birra, Leggi il resto di questo articolo »

Il vino ad alta quota: le etichette migliori sui voli di Emirates, Qatar Aiways e Virgin Atlantic

È sempre il momento per un buon bicchiere di vino. Anche a 10.000 metri di quota, sorvolando l’Oceano, ammesso di aver scelto la compagnia aerea giusta. Oggi, infatti, la concorrenza corre non solo sul binario della puntualità, ma anche su quello, parallelo, della qualità del servizio proposto. Che riguarda molti aspetti, dall’imbarco al bagaglio, passando per il menu del pranzo e della cena, vino compreso. A mettere in fila le compagnie aeree che offrono la miglior selezione di vino, liquori e persino cocktail, ci hanno pensato i lettori del magazine “Food & Wine”, che, tra le tante categorie dei suoi “Global Tastemakers”, ne ha dedicata una proprio ai “Best Airline Wine Programs”.

In vetta, senza grandi sorprese, la selezione dedicata alla prima classe della Emirates, la “Emirates Vintage Collection”, Leggi il resto di questo articolo »

Per Cotarella sfida di rilanciare il vino della Georgia

Nuova sfida professionale per l’enologo orvietano Riccardo Cotarella, presidente mondiale della categoria, chiamato a rilanciare il vino della Georgia, il Paese dove nacque la viticoltura.

Attraverso un progetto privato, con la collaborazione dell’Università di Tbilisi, Cotarella darà infatti vita a una sperimentazione su alcuni vitigni tipici del territorio, a iniziare dalle uve Saperavi e Rhatsiteli. Inizierà su 10 ettari già impiantati su terreni che si trovano a una quarantina di chilometri dalla capitale, a seguire su altri 100 ettari sempre all’interno dell’area su cui sarà costruita anche una moderna cantina.

“Sono onorato ed emozionato per essere stato coinvolto dagli imprenditori Bacho Bugdiashvili e Vato Otkhmezuri in questo affascinante progetto che mi porta in connessione con la terra madre della viticoltura mondiale, qual è la Georgia e con i suoi protagonisti che sono i produttori”, ha detto Cotarella. “In tanti anni di professione – ha aggiunto – mai mi era capitato di cimentarmi in questo meraviglioso Paese. Adesso ho l’opportunità di lavorare partendo dalle origini della vite. Si tratta di una sfida complessa, fatta di ricerca e studio. Sono certo che, assieme ai miei collaboratori, a iniziare dal direttore Pier Paolo Chiasso, riusciremo a dare un nuovo impulso al vino georgiano innalzando il livello qualitativo dei prodotti.

L’obiettivo è proprio quello di dare ai vini e quindi ai vitigni georgiani, l’importanza della storia che possono vantare. Ci riusciremo perché il nostro bagaglio di conoscenza si sposerà alla perfezione con la passione e l’amore che i georgiani hanno per il vino e per la vitivinicoltura”.

La sperimentazione porterà alla produzione iniziale di mezzo milione di bottiglie. La prima vendemmia guidata da Cotarella sarà quella del 2024.

https://www.ansa.it – 18/04/2023

In Abruzzo la prima fontana di vino in Italia

L’idea è stata lanciata nel 2016 ma ultimamente se ne sta parlando sul web. Storie Instagram e contenuti raccontano qualcosa di magico, quasi rituale: la Cantina Dora Sarchese di Ortona, in Abruzzo, che accoglie i propri visitatori con una fontana da cui sgorga vino rosso Montepulciano.

La fontana, è una sorta di monumento al vino d’Abruzzo. Precisamente si trova a Villa Caldari, una frazione di Ortona che è in provincia di Chieti. Ma le sue radici sono lontane dall’Italia.

L’idea della realizzazione nasce sì da Dina Cespa e Luigi Narcisi, ortonesi doc promotori del Cammino di San Tommaso. Ma pare che la coppia, appassionata di percorsi di tutto il mondo sia stata ispirata a un qualcosa di simile visto in Spagna.

Dove? Lungo il Cammino di Santiago, precisamente, a Estella, in Navarra, avevano visitato infatti una cantina che aveva istallato una fontana di vino. Sembra fosse la prima al mondo.

Il passo successivo è stato chiedere a Nicola D’Auria, della Cantina Dora Sarchese, di realizzare la fontana del vino proprio in Abruzzo, lungo il percorso che collega Roma con Ortona. Il progetto è stato accolto subito con grande entusiasmo.

L’opera, così, è stata affidata all’architetto Rocco Valentini che l’ha realizzata utilizzando una botte molto antica da 50 ettolitri. Ha spiegato D’Auria, che per la fontana sono stati utilizzati materiali di recupero.

L’idea dietro l’opera è che le persone entrino all’interno per prendere il vino, che proviene da un serbatoio interrato da tremila litri. Chiunque può servirsi gratuitamente con un bicchiere o un calice. Oggi la fontana è una vera e propria attrazione turistica ed è l’occasione per visitare Ortona e la  Costa dei Trabocchi. Terra che offre numerose attrattive, oltre a diverse soluzioni per l’enoturismo.

https://www.innaturale.com – 14/04/2023