Curiosità
Vino novello e vino nuovo, conosci la differenza?
Se sei un estimatore o un’estimatrice di vini, devi necessariamente conoscere la differenza tra un vino novello ed un vino nuovo. In molti credono siano la stessa cosa ma non è così.
A differenza di quanto si pensi, il vino novello ed il vino nuovo, non sono la stessa cosa, anzi! Entrambi conservano una loro peculiarità, l’unica assonanza è la parentela ma uno non ha nulla a che vedere con l’altro. Tali caratteristiche dovrebbero essere conosciute da tutti, anche dai meno esperti, al fine di non chiedere una bottiglia sbagliata e quindi fare brutta figura magari ad una cena.
E’ giusto che tutti sappiano cosa gli è stato versato nel bicchiere, essere consapevoli del prodotto con il quale si sta avendo a che fare è sicuramente una marcia in più anche per cultura personale. La caratteristica fondamentale è che entrambi i vini si differenziano a seconda del tipo di vinificazione.
Possiamo definire il vino novello come un cugino stretto del vino francese, il Beaujolais nouveau. Questa bevanda è ottenuta da uva appena raccolta nell’annata in corso con una tecnica di vinificazione diversa da quelle usuali, ovvero viene adoperata la macerazione carbonica. I grappoli interi vengono chiusi in silos di acciaio ermetici con dell’anidride carbonica la quale avvia il processo di fermentazione intracellulare. In questo modo l’uva non è pigiata ma macera in assenza di ossigeno per 10 giorni ad una temperatura costante di 30°C.
Considerate che è un processo di produzione molto veloce quindi il vino non sviluppa una struttura importante, a tal fine le normative italiane impongono che venga consumato dal 30 ottobre al 31 dicembre.
Il vino nuovo invece, è il vino fresco, ovvero prodotto dalla classica vendemmia. L’uva viene pigiata e fatta invecchiare secondo i metodi tradizionali, a differenza del vino novello è più strutturato dalle note particolari a seconda della zona di produzione.
https://www.orizzontenergia.it – 31/12/2022
Vini dealcolati? La nuova normativa provoca polemiche e perplessità
Dopo il recente successo in sede europea (forse meglio dire scampato pericolo) che ha fatto sì che il che il vino non debba esser etichettato come “bevanda dannosa per la salute”, altre nubi si addensano sul futuro di questa bevanda, che fa parte della storia e tradizione di tutti i popoli mediterranei.
Non ci si può oramai più nascondere di fronte al fatto che le normative europee consentono di produrre vini privi di alcol o quasi, e di conseguenza anche la normativa italiana dovrà in qualche modo adeguarsi e trovare una propria via per sottostare all’indirizzo proveniente dall’Europa.
Il governo sta dunque preparandosi a mettere mano alla normativa vigente per far sì che siano chiare le regole in questo settore così importante per l’Italia.
“Il Ministero è da tempo impegnato nella elaborazione di una disciplina chiara ed efficace sulla produzione e la commercializzazione dei vini dealcolati e parzialmente dealcolati”, ha detto recentemente il Sottosegretario all’Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste, Luigi D’Eramo, in una interrogazione a risposta immediata in Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati.
La normativa proveniente da Bruxelles sta provocando tante polemiche, perplessità e paure tra chi da sempre produce vino e non vuole sentire chiamare con lo stesso nome una bevanda diversa e priva, oltre che dell’alcol, della tradizione millenaria che a essa è associata in Italia ma non solo.
La posizione del governo italiano non è di contrarietà a questa apertura verso una nuova produzione, quanto più di perplessità riguardo il fatto che questa possa essere chiamata vino.
Recentemente infatti il ministro all’agricoltura e la sovranità alimentare Francesco Lollobrigida in occasione di un suo intervento a Eima a Bologna fiere, aveva dichiarato che un vino senza alcol, semplicemente non avrebbe potuto chiamarsi vino; la partita dunque è aperta. La fase di confronto con il settore è avviata, i prossimi mesi saranno decisivi per scrivere la storia futura del vino tradizionale e di quello senz’alcol.
https://www.apetimemagazine.com – 31/12/2022
Il “Bianco di Custoza” veronese cambia nome: da ora si chiamerà solo “Custoza”
Il “Bianco di Custoza”, vino simbolo di Verona, tra poco si chiamerà solo “Custoza“: il 26 dicembre infatti entrerà in vigore il Regolamento di esecuzione UE che conclude il complesso iter di modifica del disciplinare di produzione del vino Custoza DOC.
Il processo di revisione è iniziato diversi anni fa: una prima parte di competenza nazionale si è già positivamente conclusa con l’approvazione da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali il 7 giugno 2019.
“Festeggiamo un traguardo fondamentale per la denominazione che rappresenta un importante passo per la cres crescita della nostra immagine”, afferma la presidente del Consorzio tutela vino Custoza DOC, Roberta Bricolo. “Il nome Custoza, senza altre specifiche, semplifica la comunicazione nei confronti del mercato e rafforza il legame con il territorio che ci identifica”.
Già dal 2019 dunque la denominazione è forte della revisione dei criteri che ne definiscono la base: in primis la “rielaborazione” dell’uvaggio, che, pur mantenendo le caratteristiche della denominazione che si fonda su diverse tipologie di vitigni e l’obbligo di assemblarne un minimo di 3 per garantirne l’identità unica ed irriproducibile, ha “eliminato” le percentuali minime obbligatorie di ciascun vitigno.
In secondo luogo, sempre con efficacia dal 2019, la riduzione della resa /ettaro a 13 t ha rappresentato certamente un grande passo avanti verso la ricerca della qualità Leggi il resto di questo articolo »
Umbria Jazz Winter, Masterclass ‘Note di Vino’ a Orvieto
Nell’ambito della 29/a edizione di Umbria Jazz Winter, saranno due le Masterclass organizzate dal Consorzio Tutela Vini di Orvieto per raccontare i terroir e l’affascinante storia dei vini orvietani. Avranno come filo conduttore la musica, da qui “Note di Vino”, che accompagnerà le degustazioni che saranno guidate da due grandi esperti del mondo enologico, quali sono Chiara Giannotti, Fondatrice di Vino.tv e Maurizio Dante Filippi “Best Italian Sommelier 2016″.
Le Masterclass sono in programma per i giorni 28 e 29 dicembre 2022, a iniziare dalle ore 17, presso il Ridotto del Teatro Mancinelli di Orvieto. Saranno gratuite e si consiglia la prenotazione da inviare a info@orvietodoc.it fino a esaurimento dei posti disponibili.
Si comincerà il 28 dicembre con “Vini e Terroir: le tante anime dell’Orvieto” a cura di Maurizio Dante Filippi che racconterà i vini selezionati con un approccio tecnico-scientifico, ma allo stesso tempo accattivante.
Il 29 dicembre sarà, invece, la volta di “Vino, arte e cultura: Orvieto una denominazione affascinante” con Chiara Giannotti chiamata a raccontare i vini del territorio attraverso un viaggio semplicemente unico tra presente e passato.
Le cantine che hanno aderito alle Masterclass con i loro vini sono 19.
“Vino e jazz e più in generale vino e musica è un connubio collaudato e vincente che anche quest’anno abbiamo deciso di riproporre in occasione di Umbria Jazz Winter, in cui il Consorzio Tutela Vini di Orvieto è ancora una volta presente in qualità di partner.
Le Masterclass che abbiamo organizzato saranno di grande livello qualitativo, grazie anche alla indiscussa professionalità di chi sarà chiamato a guidarle. Il nostro intento, ancora una volta, è far conoscere i nostri vini a una platea sempre più ampia e il contesto internazionale di Ujw è sicuramente un palcoscenico privilegiato in tal senso. La competenza, l’amore e la passione che i produttori orvietani mettono nella realizzazione dei loro vini ha permesso negli ultimi anni di portare sulle tavole di tutto il mondo e nelle migliori enoteche e ristoranti vini di grande qualità che oggi sono diventati anche ambasciatori di un territorio meraviglioso quale è il nostro”, hanno detto il presidente del Consorzio, Vincenzo Cecci e la vicepresidente con delega agli eventi, Giulia Di Cosimo.
https://tg24.sky.it – 23/12/2022
Alberto Merico, sommelier “Il vino non ha più segreti”
Il vino per lui non ha segreti: Alberto Merico, varedese residente a Bovisio Masciago, è da annoverare a pieno titolo tra i sommelier di altissimo livello. Da 13 anni è il sommelier responsabile degli eventi di Davittorio 3 stelle Michelin di Brusaporto (Bergamo).
Proprio l’umiltà e la preparazione gli hanno permesso di diventare ciò che è. La passione per il settore del food and beverage l’aveva fin dall’infanzia. “Finite le scuole medie – racconta – ho scelto l’indirizzo alberghiero pensando che quello del cuoco fosse il lavoro giusto per me. Mi sono pertanto iscritto all’istituto alberghiero “Carlo Porta” di Milano. Il percorso di studi sperimentale prevedeva cucina, sala-bar e segreteria.
In terza la decisione di continuare con la specializzazione sala, il cuoco non era più il lavoro che faceva per me. La svolta in quinta superiore. Spinto da una figura emblematica della sommellerie mondiale, Giuseppe Vaccarini (campione del mondo nel 1978), sono stato incoraggiato a frequentare dei corsi per diventare sommelier. L’attestato sono riuscito a ottenerlo poco prima di partire per il servizio militare”.
Dopo la leva, Merico si è messo alla prova: due anni come sommelier a Londra, poi un anno a Parigi al “Four Seasons George V”. Leggi il resto di questo articolo »
Il vino italiano va negli Usa in barca a vela.
Il vino italiano diretto negli Usa ora viaggia in barca a vela. La novità arriva da un imprenditore toscano leader nella logistica dei prodotti enologici che ha annunciato un risparmio energetico e nelle emissioni tra il 90 e il 97%. Il primo carico è partito lo scorso 10 novembre dal porto di Brest, nel dipartimento di Finistère in Normandia ed è previsto in arrivo a New York tra il 5 e il 6 dicembre prossimi. Circa 20-25 giorni di veleggiata attraverso l’Atlantico, un viaggio 10 giorni più breve di quello delle navi cargo e di solo una settimana circa più lungo rispetto al traffico aereo.
A spiegarlo è lo stesso Alessio Piccardi, titolare della Bencienni srl, società di logistica del vino e appassionato velista. «I cargo oggi viaggiano lenti per risparmiare carburante e hanno rotte più complesse, ma soprattutto quando arrivano a destinazioni come Port Elizabeth, uno dei più grandi terminal di tutta la Costa Est del Nord America, vanno in coda allo sbarco delle merci. Occorrono giorni perché il vino possa essere liberato. L’aereo è ovviamente più veloce ma a destinazione ha lo stesso effetto imbuto dei grandi terminal navali.
Invece la barca a vela scarica la merce con priorità». I costi, sempre secondo l’imprenditore toscano, sono gli stessi. Leggi il resto di questo articolo »
Una STARTUP per comprare vino nel metaverso
Nasce Cellarverse, la prima startup che lancia gratuitamente nel metaverso le cantine italiane e le veste di arte.
Si possono comprare dei certificati (NFT) che garantiscono la proprietà della bottiglia ma si può decidere di riceverla a casa quando si vuole.
E si possono ricevere anche bottiglie personalizzate da diversi artisti emergenti: il primo sarà Mr. Savethewall, l’artista comasco esponente della street art e divenuto famoso per i suoi murales inusuali, realizzati non direttamente sui muri bensì su nastro adesivo facilmente removibile.
Oltre ad acquistare certificati delle singole bottiglie a prezzi vantaggiosi è possibile partecipare a una community virtuale, nel metaverso, dove incontrarsi per eventi e momenti di approfondimento, con una user experience immersiva, mentre per le cantine entrare nel metaverso è completamente gratuito.
“Selezioniamo solo bottiglie particolari sia vintage sia collezioni speciali realizzate esclusivamente per essere vendute tramite l’acquisto di un NFT (come una collezione numerata di 12 bottiglie di Jarno Rosso del Podere Castorani firmate a mano da Jarno Trulli). Il numero massimo non è definito ma non puntiamo su grandi numeri quindi difficilmente pianificheremo più di 240 bottiglie della stessa cantina in un anno.
A differenza di altri che entrano nel mondo degli NFT con numeri dai 1000 in su, la nostra idea è quella di rimanere contenuti con i rilasci per creare maggior valore e unicità all’NFT associato alla bottiglia fisica cosi come prodotta dalla cantina o con la collaborazione di un artista” spiega il Ceo, Rosangela Mastronardi.
Cellarverse è una start up nata da un’idea di Paolo Angeleri e Rosangela Mastronardi con il supporto di Salvatore Bruno, Antonella Groppo e Daphne Rechberger.
https://www.ansa.it – 28/11/2022
Toscana, fuori marmo: ecco il primo al mondo affinato al marmo
Arriva dalla Toscana il primo vino al mondo affinato nel marmo. Si chiama ‘Fuori Marmo’, Cabernet Sauvignon prodotto dalla cantina Fuori Mondo di Campiglia Marittima (Livorno) di proprietà di Olivier Paul-Morandin e invecchiato nel marmo estratto dalla cave del monte Altissimo, a Seravezza (Lucca) sulle Alpi Apuane, le stesse che Michelangelo scelse per i suoi capolavori, oggi di proprietà della Henreaux.
Fuori Marmo è stato presentato per la prima volta oggi, 25 novembre 2022, a Parigi, al ristorante tre stelle Michelin Ledoyen dello chef Yannick Allenò. Galeotta sembra essere stata una cena di fine lockdown in Versilia alla quale partecipò lo chef francese, Paolo Carli della Henreaux di Seravezza e Olivier Paul Morandini, inventore, tra l’altro, del servizio 112 europeo.
Nel 2009 Morandini scopre la Toscana e un podere a Campiglia Marittima, cominciando a fare vino con l’idea della freschezza e della verticalità. Su questa idea di mineralità Allenò lanciò l’idea provocatoria di affinare il vino in marmo. Una provocazione, che invece è stata raccolta da Paolo Carli e da Morandini. Si comincia a pensare al progetto dopo cinque mesi di lavori nascono le prime botti-anfore di marmo. Sono costate 100.000 euro l’una. Dopo due anni di affinamento le prime bottiglie sono pronte. Circa 1000 con 120 magnum e 80 doppie magnum. Le bordolesi classiche costeranno 1000 euro l’una.
https://www.firenzepost.it – 25/11/2022
Il vino naturale non esiste
Durante il Festival di Gastronomika uno dei tavoli più vivaci è stato senz’altro quello dedicato a un grande dibattito nel mondo del vino: naturale o convenzionale? La discussione è iniziata affrontando subito l’elefante nella stanza: il termine “naturale” fa storcere il naso a non pochi produttori e addetti al mestiere. “Naturale”, infatti, rimanda a un qualcosa di ottenuto direttamente dalla natura, senza intervento dell’uomo e potrebbe dunque ingenerare confusione nei consumatori. Tuttavia, sorprende come espressioni quali “acqua naturale” o “yogurt naturale” non destino lo stesso scalpore e lo stesso sdegno dI “vino naturale”. Sembra quasi che non si voglia guardare oltre al proprio naso e ci si trinceri su una questione semantica pur di non guardare al messaggio che porta con sé il movimento del vino naturale.
Il Movimento nasce in Francia alla fine degli anni ’70 del secolo scorso come reazione alla viticoltura e all’enologia industriale, che ha iniziato a imporsi nel secondo dopoguerra. Dopo il secondo conflitto mondiale, infatti, aumenta significativamente nell’industria agroalimentare l’utilizzo massiccio di sostanze chimiche come erbicidi e pesticidi e, pochi anni dopo, si assiste anche a un incremento dell’uso degli additivi nella vinificazione. A questa tendenza si ribella un gruppo di produttori del Beaujolais, che pone l’accento sull’importanza di un’agricoltura biologica o biodinamica e su un processo di vinificazione poco interventista fatto di pochi o nessun additivo.
Oggi quello del vino naturale è oggi un movimento vivo e radicato in tutte le regioni vitivinicole e porta con sé pregi e difetti dell’essere diventano una moda.
Il mercato, infatti, ci racconta che la fama del vino naturale stia crescendo – come evidenzia il report Wine Intelligence “Alternative Wine Opportunity Index in 2022” in cui il vino naturale risulta la categoria preferita tra i vini “Sola”, ossia Sustainable, Organic, Lower alcohol, Alternative, davanti ai vini organici e a quelli prodotti in maniera sostenibile.
Tuttavia, dallo studio emerge un altro dato interessante: per la maggior parte dei consumatori, il vino è naturale in quanto tale, a prescindere dal livello di intervento delle lavorazioni in vigna e in cantina.
Il vino naturale è quindi ancora alla ricerca di una propria identità definita, sia a livello comunicativo che a livello produttivo e giuridico.
Per quanto riguarda il primo aspetto, i sommelier e gli enotecari presenti hanno sottolineato come il vino naturale sia in grado di toccare le corde emotive dei consumatori, in modo molto simile a quello che fa l’arte. Chi acquista vino naturale, infatti, vuole bere prima di tutto le idee, la visione e la sensibilità di chi lo produce, Vuole, insomma, bere una storia, un racconto che vada oltre il prodotto di per sé.
Il vino naturale è dunque in grado di avvicinare nuovi pubblici e di fungere da input per aprire un sentire diverso del vino meno snob e più conviviale.
Tuttavia, la bandiera di vino naturale non può essere utilizzata per giustificare vini sciatti, pieni di difetti e poco piacevoli. Difatti, come convenuto da tutti i presenti, è necessario che il vino – naturale o convenzionale – sia buono e privo di devianze. Troppo spesso, invece, dietro la categoria dei vini naturali si celano prodotto di bassa qualità e omologati da difetti quali il brett e la volatile. Leggi il resto di questo articolo »
E il vino sperimenta il grande freddo
VOCI DI COSTO LIEVITATE e vendite in flessione, crollo della redditività, ansia da recessione. Per il vino italiano, reduce da anni di crescita importante sui mercati mondiali, il grande freddo è già arrivato, e si farà sentire per tutto il 2023. Lo dice l’indagine congiunturale dell’Osservatorio UivVinitaly, presentata al wine2wine di Veronafiere. Il surplus di costi registrato quest’anno dalle imprese italiane – 1,5 miliardi, l’83% in più, derivanti dai soli aumenti dei prezzi energetici e delle materie prime secche, come tappi, vetro e carta – complicherà i bilanci 2022 delle imprese. A partire dal margine operativo lordo, previsto quest’anno al 10%, in discesa rispetto al 25% del 2021 e peggiore anche dell’annus horribilis 2020, quando l’indicatore di redditività riscontrato era al 17%.
Ma la vera doccia fredda sarà nel 2023: in uno scenario recessivo il Mol andrà in caduta libera (4%), con un fatturato, a -16%, che in molti casi non riuscirà a coprire costi in decremento (-11%) ma comunque relativamente alti.
In termini monetari, la riduzione del Mol attesa per l’anno prossimo è di circa 900 milioni di euro, attestandosi così a 530 milioni di euro contro il miliardo e 400 milioni del 2022 e i 3,4 miliardi del 2021. Relativamente al mercato, l’Osservatorio Uiv-Vinitaly prevede per il 2022 una chiusura d’anno con vendite generali in calo dell’1% a volume (41,4 milioni di ettolitri), per un valore in aumento, grazie all’horeca e alla vendita diretta, del 6%, a 14,3 miliardi. Molto meglio l’estero sulla dinamica valoriale (+10% contro +1% del mercato italiano), mentre i volumi sono attesi stabili in Italia e in leggera contrazione sui mercati internazionali, in particolare Usa, Germania, ma anche Cina e ovviamente Russia. Il dato del valore, rileva l’analisi, non deve però trarre in inganno: l’incremento, del tutto inflattivo, del 7% sul prezzo medio non basta a coprire i costi, come dimostrato dalle richieste delle imprese alla distribuzione di aumentare i listini mediamente del 12%.
La filiera-vino si appella al neoministro Lollobrigida che risponde “disponile al confronto per condividere proposte di carattere normativo ed economico che consentano al vino e alle imprese del settore di restare competitivi a livello nazionale e sui mercati esteri”.
https://www.quotidiano.net – 14/11/2022