Curiosità
Sushi e vino, 6 abbinamenti perfetti
Il sushi è quella pietanza che negli ultimi anni ha fatto innamorare tutto il mondo.
Piatto originario del Giappone, si tratta di pesce crudo, spesso avvolto all’interno di alghe e riso. A prima vista potrebbe non sembrare la cosa più appetitosa del mondo, ma poi assaggiandolo ti rendi conto che è tanto buono da creare dipendenza! E con tutte le varianti esistenti, potresti assaggiare sushi per anni.
Sappiamo che sei un amante del vino per cui, arrivati a questo punto, conosciamo il tuo dubbio…
Quale vino devo abbinare al sushi? Sushi e vino sono sempre un’accoppiata perfetta, ma la risposta dipende in gran parte dal tipo di sushi che stai mangiando. In questo articolo daremo un’occhiata ad alcuni dei vitigni, italiani e non, che si abbinano molto bene con vari tipi di sushi.
Iniziamo con un vino giapponese che potrebbe venire subito in mente come potenziale abbinamento…
Il sushi è una prelibatezza giapponese… Il SAKE è un vino giapponese…
Deve essere un’accoppiata vincente! In realtà ci sono pareri contrastanti a riguardo. Se parli con gli amanti del sushi tradizionale, ti diranno di non abbinare il sakè a questo piatto per un semplice motivo: il sakè è un vino preparato con riso.
Anche molti piatti di sushi fanno uso massiccio del riso e l’aggiunta di sake nel mix può creare un sapore di riso ancora più pesante.
Per questo, consigliamo di bere sake solo con sushi con basso contenuto di riso.
Passiamo ai vini Italiani. Il sushi si abbina molto bene con un diversi vini rossi italiani. Il PINOT NERO è una delle soluzioni migliori perché è un vino al contempo saporito e delicato. Aggiunge qualcosa al piatto senza sopraffare il sapore del pesce. Leggi il resto di questo articolo »
La Cina riconosce il Marchio Prosecco
La Repubblica Popolare Cinese tramite le competenti autorità ha riconosciuto il Marchio Prosecco.
Il Consorzio del Prosecco DOC aveva iniziato la pratica per ottenere l’importante riconoscimento nel 2014.
Aveva depositato allora la richiesta presso il CNIPA che è l’Ufficio Marchi Cinese.
La pubblicazione del riconoscimento della IG per il vino italiano ha scatenato la strenua opposizione da parte dei produttori di vino australiano rappresentati dall’ AGWI – Australian Grape and Wine Incorporated.
L’ opposizione era volta ad ostacolare il riconoscimento e la protezione della IG – Indicazione Geografica Prosecco per il vino italiano.
Sono molti anni che nazioni quali l’Australia combattono con ogni mezzo la registrazione di importanti marchi di vini italiani.
Questo perché molti produttori vogliono o vorrebbero immettere nel mercato vini con nomi di fantasia o similari che richiamano i nostri prodotti.
Il CNIPA – Ufficio Marchi della Repubblica Popolare Cinese ha respinto l’opposizione dei produttori australiani.
Ha sentenziato che il Marchio Prosecco essendo una IG – Indicazione Geografica è idoneo a svolgere la funzione di marchio volto a distinguere l’origine del prodotto vino.
È un risultato molto importante e una conferma sul fronte della tutela internazionale dei nostri vini.
Il mercato cinese ha assunto oramai un ruolo strategicamente importante nel mercato dei vini.
Grandissima soddisfazione è stata giustamente espressa dai produttori e da Stefano Zanette presidente del Consorzio Prosecco DOC.
https://www.egnews.it – 04/01/2022
Il Prosecco batte lo Champagne, sorridono i produttori italiani
Il Prosecco batte lo Champagne, sorridono i produttori italiani
Il prosecco batte lo champagne piazzandosi al primo posto tra i vini di spumante esportati dagli Stati membri dell’Unione Europea verso paesi extra europei. Con 205 milioni di litri ovvero 41% la vittoria è molto netta considerando che lo Champagne, al secondo posto si ferma al 13%, 66 milioni di litri.
Tuttavia la vittoria è doppia e duplice è anche la soddisfazione da parte dei produttori poiché da poco la Cina ha riconosciuto ufficialmente il nostro Prosecco. Esulta quindi il Consorzio della Doc, con un altro importante riconoscimento internazionale. La partita era iniziata nel 2014 quando il Consorzio ha depositato in Cina il marchio collettivo Prosecco. Ora, il riconoscimento è arrivato anche dall’Ambasciatore d’Italia in Cina, Luca Ferrari. Egli in una lettera al presidente del consorzio, esprime i suoi “personali rallegramenti” per il primato. Al contempo, secondo le ultime stime, il Prosecco stacca al secondo posto lo Champagne con 66 milioni di litri. L’analisi dell’ufficio statistico dell’Unione europea registra che nel 2020, le esportazioni di spumanti dell’Ue verso i Paesi extra Unione sono state pari a 494 milioni di litri.
C’è stata una sensibile diminuzione rispetto al 2019, causata principalmente dalla pandemia globale; che ha colpito molto le esportazioni di vino, a causa delle chiusure totali. In precedenza le esportazioni erano aumentate in media dell’8% annualmente. Riguardo l’export italiano di spumante nostrano che ci riguarda strettamente da vicino, una stima di Coldiretti registra che allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre, all’estero sono state stappate oltre 620 milioni di bottiglie di spumante. Abbiamo stabilito un record storico con un aumento del 29% rispetto allo scorso anno. A fine anno quindi, si è raggiunto per la prima volta il massimo storico delle esportazioni estere, per un valore di circa 1,9 miliardi. W le bollicine italiane tricolore!
https://www.italiani.it – 03/01/2022
Il vino contro i pregiudizi: “Etichette scritte in braille per chi come me non vede”
La storia dell’azienda vitivinicola Roccasanta di Perletto va di pari passo con quella del suo fondatore. Una storia fatta di passione, coraggio, tenacia. E tanta forza di volontà. Perché Pietro Monti, enologo di 36 anni originario di Appiano Gentile, in provincia di Como, continua a lavorare e a far crescere la sua attività anche se 10 anni fa ha perso la vista a causa di un terribile incidente stradale.
Pietro ha ricominciato da zero. E tra i filari delimitati dai muretti a secco dell’Alta Langa ha trovato le giuste motivazioni per riprendere in mano i suoi progetti e realizzarli con successo. Elencarli tutti mette male, i più importanti sono stati nell’ambito del concorso internazionale «Mondial des Vins Extremes»: la medaglia d’argento per il suo vino Langhe Nebbiolo Doc, il «Cervim Futuro 2018», riconoscimento riservato al viticoltore di età inferiore ai 35 anni che con il suo vino abbia ottenuto il miglior punteggio e la medaglia d’oro nel 2021.
Senza dimenticare, lo scorso autunno, dell’Oscar green promosso da Coldiretti nella categoria «Creatività» per aver creato una nuova etichetta in carattere braille per permettere ai non vedenti di leggere il nome della sua azienda sulle sue bottiglie di Alta Langa Docg metodo classico, Barbera d’Alba base e superiore, Nebbiolo, Dolcetto, Chardonnay e Merlot, per lanciare un segnale: «Non bisogna arrendersi mai».
Sì, perché Pietro sta puntando molto sulla sensibilizzazione verso l’inclusività. «Il messaggio che voglio trasmettere è quello di non fermarsi alle prime impressioni – racconta -: bisogna andare avanti senza pregiudizi sulla disabilità. Il consumatore deve sapere che il vino è prodotto da una persona non vedente e che questa sta comunicando con lui». Un pensiero condiviso dalla sua collaboratrice, l’enologa Francesca Di Giusto, che lo affianca in cantina e gli ha dato l’idea dell’etichetta in braille. «Lei più di tutti è capace di superare le barriere della disabilità interagendo con me ogni giorno – continua Pietro -, sostenendomi e dandomi idee preziose per concretizzare nuovi progetti».
L’imprenditore, che si era trasferito dalla Lombardia a Perletto nel 2006 appena finiti gli studi, si sta anche dedicando al recupero degli antichi muretti in pietra a secco che circondano i suoi appezzamenti vitati. «Sono strutture fondamentali: vanno preservate per mantenere vivi gli antichi saperi e rispettare l’ambiente che ci circonda – continua -. Servono per drenare il terreno in caso di forti piogge e contrastano il pericolo di frane. Le difficoltà non sono tanto legate agli interventi di restauro, ma alle pratiche burocratiche, troppo macchinose». Un impegno che coltiva anche come socio del Presidio Slow Food del Dolcetto dei terrazzamenti, un vino con piccoli numeri, ma grandi potenzialità. Sono appena 20 mila, infatti, le bottiglie prodotte da quattro cantine della zona e le adesioni sono aperte per altre realtà locali disposte a seguire il disciplinare.
https://www.lastampa.it – 02/01/2021
Il miglior vino bianco al mondo? E’ italiano
Non è certo un mistero che l’Italia abbia un’importante tradizione enologica. Per questo non dovrebbe stupire più di tanto il fatto che, da un campione di centinaia di prodotti, sia stato proprio un vino nostrano a essere definito il miglior bianco. A consegnare la corona d’alloro c’ha pensato il magazine statunitense Wine Enthusiast che, come ogni anno, ha stilato la sua personale classifica. Una graduatoria che, per il 2021, annovera ben 18 vini tricolori, uno dei quali finito davanti a tutti in quanto commistione giusta di qualità, lavorazione e anche prezzo.
Ben 22 mila vini degustati, solo 100 selezionati. L’attenzione degli esperti è meticolosa e letteralmente al millimetro. L’obiettivo è capire quali prodotti riescano effettivamente a sintetizzare tutte le qualità che ci si aspetta da un buon vino, bianco o rosso. E un tale sforzo di analisi, porta a risultati insperati lasciando scoprire che alcuni prodotti a basso costo possono essere comunque garanzia di qualità assoluta. La prima posizione in graduatoria, per la verità, la ottiene un vino francese, ovvero il rosso Margaux Château Siran 2018, ottimo nel rapporto qualità-prezzo. La medaglia d’argento assoluta (d’oro fra i bianchi) la ottiene però il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2019 di Bucci. Per gli esperti non c’è dubbio: si tratta di un vino bianco “assolutamente fenomenale”, per il gusto che concede ma anche per l’essere clemente con le tasche.
Tale bianco, infatti, si attesta su un costo inferiore ai 20 euro. In pratica, il miglior vino bianco del mondo potrebbe essere acquistato senza troppi sforzi in un qualsiasi supermercato. Si tratta, nello specifico, di un prodotto realizzato nelle Marche, forte di cinquant’anni di Denominazione di Origine Controllata. Ideale per accompagnare un primo di pesce o le verdure, viene definito leggero, cremoso e saporito. Inoltre, contrariamente al luogo comune che lo associa esclusivamente al pesce, si sposserebbe alla perfezione anche con le carni bianche. Il Verdicchio, in poche parole, rappresenta un’eccellenza a tutti gli effetti. Un termine che in sé, nonostante sia così altisonante, potrebbe dire poco. O meglio, non dire tutto. Perché il vino, in fondo, è un’esperienza da assaporare in ogni suo aspetto. E le etichette lasciano il tempo che trovano.
https://www.contocorrenteonline.it – 19/12/2021
Il segreto dei vini rosé di Provenza: ecco perché spopolano in tutto il mondo
I rosé provenzali hanno conquistato tutto il globo: in pochi anni sono diventati simbolo di eleganza, fascino, convivialità. Basti dire che in Francia rappresentano il 35% del consumo di vino.
Lo testimoniano gli stessi produttori e wine expert. Il Gusto ha esplorato sul campo la ricchezza della gamma offerta dai blend di uve (le più diffuse sono Grenache, Cinsault, Syrah e Mourvédre) che danno vita a vini perfetti per l’aperitivo, ma anche dalla struttura profonda e finemente gastronomici.
Nel video, realizzato nel cuore della Provenza, le testimonianze di Nathalie Bard, responsabile di cantina dell’azienda Clos des Roses, a Fréjus, che esprime rosé da uve coltivate in vigne non lontane dal mare di Cannes e Saint Tropez, e di François Millo, esperto di viticoltura e titolare dell’azienda Colle Rousse, nell’entroterra, ai piedi di un antico vulcano, dove i vitigni crescono su terreni rossi ricchi di minerali.
Sono loro a spiegarci il segreto del successo dei rosé provenzali.
https://video.repubblica.it – 14/12/2021
La Vernaccia è l’unico vino citato nella Divina Commedia
A 700 anni dalla morte del Sommo Poeta, un evento in Palazzo Vecchio omaggia Dante e pone l’attenzione non solo sulla Divina Commedia ma sull’unico vino citato tra le pagine dell’opera. Si tratta della Vernaccia di San Gimignano, unico vino che Dante ha potuto degustare che riporta lo stesso nome attuale.
A 700 anni dalla morte di Dante si torna a parlare di curiosità inerenti alle sue opere. Tra le pagine della Divina Commedia viene citato un unico vino: si tratta della Vernaccia di San Gimignano. Si tratta non solo dell’unico vino che Dante gusta e cita chiamandolo con lo stesso nome attuale. Il tema è stato trattato in questi giorni mentre Firenze accoglie la San Gimignano del Vasari: l’affresco del pittore raffigura la bellissima cittadina di San Gimignano e un satiro che beve la Vernaccia. Il quadro dipinto nel 1565 da Giorgio Vasari si intitola “l’allegoria di San Gimignano e Colle val d’Elsa”.
Il sindaco di Firenze in una nota ufficiale ha dichiarato: “La Vernaccia di San Gimignano è un pezzo della tradizione enogastronomica della nostra regione e del nostro territorio metropolitano ampio, del resto abbiamo anche un rapporto storico con San Gimignano. Non dobbiamo poi dimenticare l’importanza del rilancio dell’economia del vino anche attraverso manifestazioni, progetti e capacità di esportazione“. Mentre il sindaco di San Gimignano Andrea Marrucci ha ricordato il legame secolare tra Firenze e San Gimignano evidenziando come sia proprio la Vernaccia a fare da conduttore in molte occasioni.
La Vernaccia di San Gimignano DOCG, vino citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia, è un bianco prodotto da uve dell’omonimo vitigno. Dal caratteristico color giallo paglierino, il vino mostra alcuni riflessi dorati più accentuati con l’invecchiamento. L’aroma è fruttato e floreale quando giovane mentre diventa più intenso e caratteristico con l’invecchiamento. Al palato risulta un vino asciutto, armonico e sapido.
Questa speciale produzione è riservata al territorio comunale di San Gimignano secondo il disciplinare di produzione e viene realizzato utilizzando le migliori uve selezionate che danno vita alla tipologia Riserva che necessita di un affinamento mai inferiore agli 11 mesi in cantina e di altri 3 mesi in bottiglia prima del consumo. Oggi il Vernaccia di San Gimignano si presta a numerosi abbinamenti con ricette toscane ma anche mediterranee.
https://initalia.virgilio.it – 14/12/2021
Casadei, l’uomo del vino: «Il futuro è dei ragazzi, investiamo su di loro»
Si fa presto a dire vignaioli. L’immagine romantica del vignaiolo e della sua campagna ci affascina, ma dietro a certi vini eccezionali ci sono prima di tutto un lavoro incredibile e una competenza grande almeno quanto la passione. Quello praticato in vigna è un mestiere intrigante che vede italiani e francesi in prima linea, ricercati in tutto il mondo per esportare tecniche e competenze che non hanno eguali.
Tra gli italiani che divulgano l’arte del vignaiolo in diversi angoli del Pianeta c’è Stefano Casadei, toscano classe 1960, titolare e direttore di quattro aziende vitivinicole col fratello Andrea e la moglie Anna Baj Macario. Con gli studi primari nelle discipline agrarie, la trentennale attività di consulenza a produttori tra i più importanti a livello internazionale e i corsi specialistici in enologia e viticoltura seguiti all’Università di Bordeaux e Montpellier, Casadei ha maturato una significativa esperienza nel controllo analitico e qualitativo dei vini. Per questo è considerato un maestro della materia.
Negli ultimi anni Casadei si è diviso tra le proprie aziende in Toscana e Sardegna e i progetti nei quali è stato coinvolto all’estero: California, Turchia, Caucaso. «All’esterno ci chiamano perché i nostri concorrenti diretti, i francesi, non hanno la nostra capacità di stringere rapporti – ci spiega -. Il francese si muove sempre e solo secondo le sue idee, noi invece abbiamo le nostre convinzioni ma siamo molto più elastici, riusciamo a adattarci meglio».
Quella di consulenza è una delle principali attività per Casadei: «Ma per andare all’estero però serve esperienza e competenza, Leggi il resto di questo articolo »
Vino, Bottega: “Mancano vendemmiatori e magazzinieri”
Vendemmiatori introvabili, ma anche magazzinieri, soffiatori, addetti all’imbottigliamento: un vero problema per le aziende leader nel mondo di produzione del Prosecco.
Un problema talmente grave che rischia di mettere a rischio la ripresa delle aziende, come denuncia il ‘Re del Prosecco’ Sandro Bottega, patron dell’omonima azienda di Bibano (Treviso) e ideatore dei ‘Prosecco Bar’.
Pur avendo retto la crisi meglio di altri settori, anche il mondo del vino è alle prese con gli strascichi della pandemia, tra cui proprio la ricerca di figure specializzate e non da inserire nel processo produttivo e gestionale.
https://www.laleggepertutti.it – 26/11/2021
Vin brulè: la ricetta
La magica atmosfera dell’avvento è già nell’aria e il desiderio di vivere l’arrivo del Natale secondo la tradizione è davvero sentito. Tra le bevande più popolari delle feste natalizie c’è certamente il vin brulè, la cui ricetta ha origine nell’antica Roma e si è modificata, nel tempo, attraversando secoli di storia e luoghi in cui si è diffusa. Ma quali sono le caratteristiche del vin brulè?
Una delle principali caratteristiche di questa bevanda è il profumo che emana, per cui il consiglio è di scegliere vini di elevata qualità, dai profumi intensi, ricchi di aromi, ma anche corposi per soddisfare appieno il palato. Se volete ottenere, quindi, un buon vin brulè, dovete partire da una buona materia prima. Che tipi di vini utilizzare? Potete avvalervi dei vini tipici del territorio in cui risiedete. Per esempio, in Romagna tra i migliori vini usati per il vin brulè possiamo citare il Sangiovese. In Alto Adige si scelgono vini come il Pinot Nero e la Schiava. Sono ottimi anche i vini piemontesi, come un buon Barbera o un Nebbiolo. Per fare il vin brulè si possono utilizzare anche vini bianchi, come il Pinot Bianco e lo Chardonnay. L’importante è che il vino sia di alto livello qualitativo, se vogliamo coccolarci al meglio con un buon bicchiere.
Vi proponiamo una ricetta per preparare un profumatissimo vin brulè:
- 1 litro di vino rosso
- 1 arancia non trattata
- 1 limone non trattato
- 3 stecche di cannella
- 2 frutti di anice stellato
- 7 chiodi di garofano
- ½ noce moscata grattugiata
- 1 mela
- 170g di zucchero
Prelevate la scorza dell’arancia e del limone dopo averli lavati con cura, evitando di includere la parte bianca che potrebbe rendere la bevanda più amara. Tagliate a fette mezza arancia lasciando la buccia. Lavate la mela e affettatela a rondelle non troppo spesse.Versate il tutto in una pentola con il vino e lo zucchero, unendo le stecche di cannella, l’anice stellato, i chiodi di garofano e la noce moscata grattugiata. Accendete il fuoco, mantenendolo basso, e fate sobbollire per 10 minuti, finché vedete che si scioglie lo zucchero. Poi filtrate il vin brulè con un colino e servitelo, magari accompagnandolo con una fetta di torta. Se avanzate il vin brulè, potete conservarlo per un paio di giorni in frigorifero.
https://www.altroconsumo.it – 24/11/2021