Curiosità
Sulla Senna la prima cantina d’affinamento galleggiante
E’ in Francia, lungo la Senna, la prima cantina di invecchiamento galleggiante al mondo. Si chiama BARGE 166, ha aperto il mese scorso e ospita 1.500 barili di rum, whisky e cognac di alta qualità.
L’idea – riporta il sito britannico The Drinks Business -è nata riflettendo sugli effetti dei lunghi trasbordi via mare dei Plantation Rum che viaggiano in barca dai loro paesi d’origine verso l’Europa in botti di legno. Il team di Maison Ferrand ha provato a scoprire se si potevano simulare gli stessi effetti senza il viaggio. Il movimento dello spirito all’interno della botte aumenta la sua interazione con il legno, amplificato dal rullio della navigazione. E’ quel che si chiama “invecchiamento dinamico”.
Situato in un ramo della Senna, vicino alla città di Issy-Les-Moulineaux, lo specchio d’acqua su cui si trova la chiatta non vede molto traffico di barche, per lo più solo quelle dei pescatori. Il punto di ormeggio, non lontano da Parigi, è stata una scelta strategica: la chiatta potrebbe diventare uno showroom e un punto di incontro per gli appassionati che non possono raggiungere Cognac nel sud del Paese.
https://www.federvini.it – 08/11/2021
Russiola, il vino salvato
C’è un vino del territorio, nato dalle sabbie, forse il più antico della provincia di Ferrara, di grandissima nicchia, prodotto in quantità limitatissime (circa 10 ettolitri all’anno), a lungo giudicato come ‘pianta intrusa’ tra i filari, ma che un team di produttori e ricercatori sta salvando e valorizzando, tanto da averlo promosso anche in Cina, perché “i grandi mercati adorano le produzioni introvabili e perciò di valore”.
È la Russiola, un rosé tipico dell’areale comacchiese nelle cui potenzialità credono il sommelier Marco Simoni, con l’imprenditore Emanuele Mattarelli, il titolare di un impianto di centinaia di anni Marino Fogli e il ricercatore Sandro Colombi. Simoni e Mattarelli lo hanno presentato ieri al pubblico del Ferrara Food Festival, con degustazione allo stand dei vini del Bosco Eliceo, in piazza Trento e Trieste.
https://www.ilrestodelcarlino.it – 08/11/2021
Vino: cambio al vertice di Unione Italiana Vini
“Quando il vino entra, strane cose escono”. Non ci sono parole migliori di quelle di Friedrich Schiller per descrivere la tempesta che sta squassando il mondo delle cantine italiane. Una vera e propria ‘Guerra del Vino’ che coinvolge alcune delle realtà più significative del settore: la storica Unione Italiana Vini e Veronafiere Spa, che ogni anno ospita il Vinitaly.
Una contesa talmente accesa da provocare, a metà ottobre, un cambio al vertice della prestigiosa cooperativa di produttori, nata 126 anni fa e che da sola rappresenta più del 50% del fatturato e dell’85% dell’export dei calici tricolori. E da portare alle dimissioni del presidente Ernesto Abbona, che ha lasciato il testimone a Domenico Zonin.
Ma cosa è successo? Facciamo un passo indietro. Le tensioni sono deflagrate quando alcune operazioni messe a segno negli ultimi 3 anni da Unione Italiana Vini sono finite sotto la lente della Procura di Milano prima e della Procura Europea EPPO, poi. Il sospetto degli inquirenti è che fondi stanziati da Bruxelles per promuovere il vino italiano in realtà siano stati dirottati in tutt’altra direzione.
Alla fine 2018, Unione Italiana Vini ha partecipato al bando del europeo ‘Native Grapes Academy’ – NGA (Accademia dei vitigni autoctoni, ndr.). Accanto all’associazione – che riunisce cantine storiche come Frescobaldi, Zonin, Sartor solo per citarne alcune – si è schierata anche Zante Coop. Solo se avessero aderito due o più paesi membri, infatti, sarebbe stato possibile ricevere i fondi Ue. A promuovere il vino italiano e greco – con tour e degustazioni anche in Nord America e in altri continenti – ci avrebbe dovuto pensare Veronafiere. Peccato però che con i 2 milioni di euro già previsti dalla CHAFEA – la Consumers, Health, Angricolture and Food Executive Agency della Ue che ha promosso il bando – finora si sia fatto ben poco. Di sicuro c’entra lo stop forzato imposto dal Covid, ma il sospetto degli inquirenti è Leggi il resto di questo articolo »
Breve storia dei nonni del Vermouth
Mentre il mondo del vino si divide tra naturalisti e convenzionali, c’è chi riscopre magie ancora più antiche come gli enoliti e i vini ippocratici. In Italia diverse distillerie e cantine si stanno cimentando nell’attualizzare questi vini speziati e aromatici, anticamente considerati dei formidabili medicamenti capaci di guarire il corpo e il cuore. Oggi, grazie ai mixologist contemporanei, il loro appeal è in ascesa.
Cosa sono gli enoliti
Noti anche come vini medicati o medicinali, gli enoliti sono preparazioni farmaceutiche in cui i principi attivi contenuti in erbe e spezie venivano messi a macerare nel vino. Ciò che si ottiene è una soluzione idroalcolica con potenziali applicazioni terapeutiche. Per la realizzazione degli enoliti, erano impiegati vini bianchi, possibilmente con alta gradazione alcolica, oppure liquorosi come il Porto. Infatti, queste basi evitavano eventuali fermentazioni acetiche successive. A differenza dei decotti, molto di moda nella medicina primordiale, i vini medicinali permettevano la lunga conservazione di questi preparati.
La star degli enoliti
Tra gli enoliti più famosi, anche se creato con un vino rosso come base, c’è il Barolo Chinato. Si tratta di un vino aromatizzato oggi ottenuto miscelando alcol etilico con zucchero e Barolo Docg, in aggiunta alla china, anche detta Cinchona calisaya, più un bouquet di altre spezie e piante aromatiche. Nasce nei laboratori di farmacie e speziali del Piemonte alla fine dell’Ottocento come rimedio per i malanni invernali.
Il primo a utilizzare il Barolo per creare questo vino medicinale, Leggi il resto di questo articolo »
Lady Gaga firma Dom Pérignon da collezione
Così Lady Gaga firma un’edizione limitata per Dom Pérignon Vintage 2010 e Rosé Vintage 2006, in confezioni iridiscenti che sono un’ode visiva alla fantasia e mutevolezza. Una produzione che assembla due creatori: da una parte Lady Gaga, dall’altra Dom Pérignon, nelle vesti del suo Chef de Cave Vincent Chaperon in una collaborazione ispirata, come sottolineano in una nota, “da una totale e condivisa convinzione nell’assoluta libertà creativa. Lady Gaga ispira gli altri a sognare, a sperimentare, a esprimersi. Dom Pérignon esplora continuamente i confini della creazione con ogni suo Millesimato, rivelando l’armonia di una natura in continua evoluzione, del clima e dei vincoli unici che ogni vendemmia porta con sé”. Insieme al Dom Pérignon Vintage 2010 la maison presenta per l’occasione un Dom Pérignon Rosé Vintage 2006 che, viene sottolineato, “sceglie di essere Rosé,.
E’ in nome della libertà: la libertà di avventurarsi, di liberarsi dalle convenzioni per spingersi oltre i limiti della creatività. Nato da questo desiderio di osare, Dom Pérignon Rosé coglie lo splendore rosso del Pinot Noir nella sua primordiale radiosità e ne cattura l’energia vitale in un assemblaggio audace e deciso, con sorprendente finale, iodato e salino”.
La collaborazione tra l’artista americana e la casa francese, annunciata per la prima volta nell’aprile 2021, si è già espressa attraverso una campagna pubblicitaria e una scultura in edizione limitata disegnata dall’artista americana. Ora in Italia saranno dedicate proprio a Dom Pérignon X Lady Gaga le vetrine degli store Rinascente di Firenze e Torino dal 9 al 22 novembre, di Milano Piazza Duomo dal 16 al 22 novembre e di Roma Via del Tritone dall’11 al 22 novembre.
https://www.ansa.it – 26/10/2021
Storico sorpasso rosa nei consumi di vino: il 55% di chi lo beve è donna
Il vino italiano vive una rivoluzione rosa. E non parliamo del prodotto nel bicchiere. Nel 2021 per la prima volta le donne hanno superato numericamente gli uomini tra i wine lover del Belpaese, conquistando una quota pari al 55% dei consumatori regolari, in netto aumento sul 49% dello scorso anno. Lo storico sorpasso, documentato da Wine Intelligence per l’Osservatorio Uiv realizzato in collaborazione con Vinitaly e presentato a Vinitaly Special Edition, è trainato in particolare dall’interesse delle consumatrici meno mature, quelle cioè tra i 18 e i 35 anni, che si dimostrano il segmento più coinvolto dalla categoria “wine”.
“La relazione femminile con il vino ha superato la sua fase sperimentale – spiega Pierpaolo Penco, Italy country manager di Wine Intelligence -. Oggi le donne, e soprattutto le più giovani, si approcciano al vino con una maturata consapevolezza. A questo si associa un trasversale aumento della conoscenza media del prodotto, che ha incoraggiato un incremento della spesa media sul mercato interno. Si tratta di una dinamica che ha interessato tutti i canali di vendita e in particolare l’Horeca, ovvero il canale dei bar e dei ristoranti che raccolgono una reazione di entusiasmo a rimbalzo dopo le chiusure forzate durante la pandemia”.
https://www.ilsussidiario.net – 26/10/2021
Il vino in lattina è il futuro? Ecco la novità che ha diviso il pubblico
Il vino non è solo una delle bevande più amate in tutto il mondo e motivo di orgoglio per l’Italia, è cultura, è storia ed è profondamente radicato nella nostra tradizione, che tutto il mondo ci invidia e imita. Chi ha una grande passione per il vino, conoscerà anche tutte le regole intorno alla sua assunzione, spesso molto ferree e rigide. Che cosa penserebbero gli esperti, allora, se sapessero che il futuro del vino potrebbe essere in una lattina di alluminio? La novità ha diviso il pubblico, soprattutto sul web.
Solo a pensarlo, in Italia, il vino in lattina sembra un taboo e non è facile immaginare un futuro in cui consumeremo questa preziosa bevanda in questo modo, alla stregua di una Coca Cola qualsiasi. Ma anche i più chiusi dovranno fare i conti con il nuovo che avanza: la rivoluzione è già in atto e potrebbe non volerci molto prima che investa anche il nostro Paese e le nostre tradizioni.
Sono gli Stati Uniti ad aver diffuso per primi questa nuova modalità di consumo del vino e sono già anni che milioni di americani bevono il canned wine senza nessun problema. Sui grandi numeri del mercato del vino, quello in lattina resta comunque in minima parte rispetto al vetro, ma i dati dimostrano che pian piano il prodotto potrebbe scalare le classifiche di mercato.
Ma perché la lattina pare prendere sempre più piede? Il motivo è semplice: l’alluminio è pratico, pesa molto meno del vetro ed è quindi più semplice trasportarla in giro e godersi del buon vino in compagnia. Inoltre costa meno e questo al pubblico fa sempre piacere, naturalmente.
La lattina è più accessibile e popolare, rispetto alla bottiglia, soprattutto per un pubblico più giovane, si possono usare le cannucce e consumare anche in quei luoghi in cui il vetro non può entrare.
In Italia la cultura del vino è davvero molto importante e sarà difficile scardinarla in favore della modernità, ma chissà che un giorno non ci troveremo ad aprire una bella lattina di Pigato da bere con i nostri amici. E voi cosa ne pensate?
https://www.mezzokilo.it – 22/10/2021
Come si formano le “lacrime” nel calice di vino
La prossima volta che vi servono il vino per poi chiedervi di assaggiarlo, e voi riuscite al massimo a dire “è rosso”, potrete dirottare la conversazione con chi è a tavola con voi e spiegare come si formano quelle lacrime (o “archetti”, come li chiamano i sommelier) sulla superficie interna del bicchiere, quando il vino viene fatto roteare. Chi di vino se ne intende appena un po’, sa che rivelano la gradazione alcolica: più gradi, più lacrime.
Finora la fisica ha spiegato ciò che avviene prima della loro formazione. Facendo ruotare il bicchiere si deposita un fine strato di liquido sulla sua parete. Poi quella patina di vino perde un po’ di alcol, che evapora più rapidamente del resto dei componenti, e così finisce per avere una tensione superficiale (la forza che tiene assieme, per esempio, le bolle di sapone) maggiore del resto del vino. Risultato: quel sottile strato risale un po’ più verso l’alto, all’interno del bicchiere.
Qui inizia la parte che finora nessuno aveva spiegato: come si rompe, poi, formando le lacrime? Lo hanno spiegato Hangjie Ji e colleghi all’Università della California. Il loro modello matematico mostra che l’interazione tra gravità, forma del bicchiere, contenuto alcolico e movimento della mano del sommelier produce un’onda d’urto instabile, cioè una brusca variazione di pressione e densità che si propaga, appunto, come un’onda.
Questa attraversa il vino rimasto attaccato alla superficie, provocando la formazione di grosse gocce che poi ricadono sotto forma di archetti, anziché come un flusso uniforme. Lo studio potrebbe avere applicazioni pratiche, oltre a contribuire alla conversazione a cena: analoghe onde d’urto potrebbero spiegare come umidità e vento interagiscono per formare una patina d’acqua sulle ali degli aerei durante il volo.
https://www.focus.it – 11/10/2021
Il Marsala è un vino inglese
Quando nel 1773 John Woodhouse da Liverpool approda a Marsala, l’impero britannico regna ancora incontrastato sul pianeta dove, associato al dominio militare, ha tessuto una fitta ed efficiente rete commerciale. Il ricco mercante inglese assaggia un vino dolce, ossidativo, che la gente del posto chiama Perpetuo e produce autonomamente, nelle cantine delle case, per consumo personale. Gli piace, fiuta l’affare, capisce che può trasformare quel prodotto in un brand, come già altre sostanze analoghe erano diffuse nell’impero coloniale. Perché il business riesca, però, Woodhouse deve risolvere un problema: “stabilizzare” il vino perché possa essere trasportato per migliaia di miglia, e possa essere consumato nell’arco di un lungo periodo. Lo risolve aumentando la gradazione alcolica. Il business riesce, la bottiglia con la grande etichetta gialla e la scritta in rosso “Woodhouse Marsala”, diventa un prodotto di successo.
Praticamente, il Perpetuo autoctono diventa la base del Marsala che verrà commercializzato dovunque nel mondo, primo fra tutti tra i componenti della Marina di sua Maestà. Il successo di Woodhouse crea una realtà di piccole e medie aziende produttrici siciliane che faranno di Marsala una città industriale, a dispetto di una potenziale vocazione marittima, sebbene permanga una flottiglia di pescherecci in fervente attività. Un tessuto industriale che nei decenni ’60 e ’70, con la perdita di appeal del Marsala, conosce però una grave crisi.
Erano gli anni delle coltivazioni intensive, dell’utilizzo della chimica nell’agricoltura: sistemi per rendere sempre più competitiva la produzione a abbassare i prezzi sul mercato, anche a discapito della qualità.
Da pochi anni, però, guidati da un vignaiolo visionario, Marco De Bartoli, Leggi il resto di questo articolo »
Metti il vino in lattina “Era solo un test è diventato un boom”
L’idea stessa del vino in lattina, nella terra del Barolo e della Barbera, fa storcere la bocca ai puristi. Ma sui mercati americano, australiano e del Nord Europa è già una realtà. A Calamandrana, nell’Astigiano, c’è un’azienda di imbottigliamento in lattina conto terzi che produce 6 milioni di lattine l’anno (150 mila a settimana), il corrispettivo di 2 milioni di bottiglie. «La nostra Società vitivinicola piemontese si occupa di imbottigliamento da tre generazioni.
Quest’anno, con gli aiuti arrivati dal governo per il Covid, abbiamo avuto l’occasione, rara, di investire – spiegano i titolari, Massimo Lovisolo e la moglie Cristina –. Ci siamo avvicinati a questo settore con curiosità e a essere sinceri pensavamo di iniziare con piccoli lotti, ma poi il lavoro è letteralmente esploso. È un mondo grandissimo e le piccole produzioni si può dire che non esistano. La produzione minima è di tremila litri, pari a 12 mila lattine da 0,25. La media giornaliera di un nostro turno di lavoro è di 30 mila pezzi».
Gli ordini arrivano da aziende venete e friulane che esportano all’estero. Il mercato mondiale è dominato da tre colossi: la Ball (americana), la Ardagh (francese) e la Crown Holdings (inglese).
Le resistenze sembrano andare di pari passo con il timore che il prodotto perda in qualità. «È un problema culturale – dicono alla SoViPi – Questo confezionamento è considerato scadente, ma non è affatto così. Il processo di “inlattinamento” mantiene intatte le caratteristiche del prodotto. Seguiamo la stessa filiera del vino in bottiglia, cioè microfiltrazione sterile e soprattutto senza la pastorizzazione che viene fatta facendo bollire le bibite comuni che vanno in lattina».
https://www.lastampa.it – 21/09/2021