Curiosità
La leggenda del vino di Montefiascone Est! Est!! Est!!!
La leggenda del vino di Montefiascone, il celebre Est! Est!! Est!!!. Il racconto è ambientato nel medioevo e vede protagonista il prelato tedesco Johannes Defuk.
Nell’anno Mille, Enrico V viene eletto imperatore. La cerimonia ha luogo a Roma. Enrico V decide di raggiungere la capitale dell’impero in compagnia del prelato Defuk. Il vescovo, che si sposta in compagnia del coppiere Martino, amava il cibo e, in particolare, il buon bere.
Per poter approfittare al meglio delle prelibatezze locali, Johannes incarica Martino di precederlo così che potesse testare, in anteprima, le osterie migliori. In tutti i luoghi nei quali avesse trovato un buon vino avrebbe dovuto scrivere “Est”, ossia “c’è” mentre se fosse stato eccezionale avrebbe dovuto ripetere la parola due volte.
Quando il coppiere giunge a Montefiascone, nel Lazio, assaggia il vino bianco locale trovandolo particolarmente pregiato. Così, nel rispetto degli accordi col prelato, sul muro del locale scrisse “Est! Est!! Est!!!”, ripetendolo tre volte. Poco dopo, Defuk arriva a Montefiascone e decide di verificare se il giudizio di Martino sia effettivamente condivisibile.
Il vino è così squisito che decide di sostare nel borgo per qualche giorno, ritardando il suo arrivo a Roma. Dopo l’incoronazione di Enrico V, il vescovo non tornerà più in Germania, preferendo trasferirsi a Montefiascone. Purtroppo, il troppo vino condurrà alla morte Johannes che riposa nella chiesa di san Flaviano. Nel suo testamento dispose che il borgo beneficiasse di 24mila scudi come ricompensa per i giorni qui trascorsi. Il fido Martino compose il suo epitaffio scrivendo “Qui giace il mio signore, morto per il troppo Est!”.
Montefiascone si trova nella provincia di Viterbo, sui Monti Volsini. E’ un borgo di origine antichissima, dominato dalla cattedrale intitolata a santa Margherita. In centro si possono ammirare altri monumenti come la chiesa di san Flaviano, sulla quale è stato edificato un secondo edificio di culto. Altrettanto suggestiva è la rocca dei Papi, usata dai pontefici durante i periodi di riposo. Dalla rocca si gode di un panorama unico.
A Montefiascone, oltre al notevole vino bianco, vinificato sia con il metodo classico che come spumante, si può godere di una natura suggestiva e dai paesaggi suggestivi del lago di Bolsena.
mediterranews.org – 26/01/2021
Aceto balsamico di Modena IGP e aceto di vino
C’è chi lo usa solo per condire le insalate e chi lo ama a 360°, impiegandolo per marinature e altre ricette agrodolci. Stiamo parlando dell’aceto di vino, un condimento ricco di proprietà benefiche: scopriamo come usarlo in cucina e perché fa bene.
Forse non tutti sanno che l’aceto è un alimento con interessanti proprietà nutrizionali, utile per equilibrare le funzioni dell’organismo e per mantenersi in forma. Ebbene sì: si tratta infatti di un condimento ipocalorico, perfettamente indicato per chi segue una dieta e capace di aumentare la sensazione di sazietà. Nessuna controindicazione per chi deve badare al colesterolo: l’aceto di vino, infatti, non ne contiene. Fra i suoi benefici c’è inoltre l’azione antiossidante, esercitata dai polifenoli dell’uva: preziosi per contrastare i radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento cellulare, e per rafforzare il sistema immunitario.
Come per tutti gli alimenti, il dosaggio giornaliero conta e questo vale anche per l’aceto di vino: i pro e i contro devono essere valutati con attenzione da parte dei soggetti diabetici o in cura con farmaci antipertensivi. Via libera anche all’aceto balsamico, anch’esso ricco di proprietà benefiche e – facendo attenzione alle quantità – alla glassa di aceto balsamico. Quale scegliere per limitare le calorie? Basta optare per i prodotti privi di zuccheri aggiunti.
Come abbiamo visto, ci sono ottimi motivi per consumare l’aceto di vino e per farne un protagonista in cucina. Al di là degli usi più scontati, come condire le insalate o usare l’aceto – di vino o di mele – per le conserve, sono tante le ricette interessanti da inserire in menu. Chi ama i sapori agrodolci, in particolare, può utilizzarlo per le ricette orientali e di ispirazione fusion. Un altro impiego classico è usarlo per le marinature, ad esempio per insaporire i filetti di pesce. Volendo, all’occorrenza, lo si può usarle per un piccolo trucco: ovvero, per sfumare le pietanze in cottura sostituendo il vino con l’aceto di vino.
Per prima cosa, l’etichetta scelta deve essere sinonimo di qualità: in caso contrario, si avrà a che fare con un prodotto economico ma standard, verosimilmente privo di personalità e insignificante dal punto di vista aromatico. Chi è solito mangiare bio può puntare sui prodotti più sani e naturali,come l’aceto di vino bianco o rosso privo di coloranti e conservanti e prodotto in Italia da uve biologiche certificate. Senza tralasciare le altre proposte, come l’aceto di cocco, di melograno e l’aceto di mele.
La Redazione – 15/01/2021
Aboliti i dazi sui vini italiani ed europei in Ucraina
Ha effetto dal primo gennaio 2021 l’abolizione dei dazi sui vini italiani ed europei in Ucraina. L’annuncio arriva dal Dipartimento per il commercio internazionale e la cooperazione economica e l’integrazione europea, organismo che risponde al Ministero per lo Sviluppo economico, del Commercio e dell’Agricoltura guidato da Igor Rostislavovich Petrashko.
Lo scorso anno, l’ex Repubblica sovietica ha importato vino per un valore di circa 147 milioni di dollari dall’Unione europea. I dazi all’importazione erano compresi tra 0,3 e 0,4 euro al litro.
La loro eliminazione è la ciliegina sulla torta – in ambito vitivinicolo – degli accordi politici e commerciali dell’Ucraina con l’Ue. Un percorso avviato a tutto tondo nel 2014 e divenuto effettivo nel 2017, non senza ostacoli. Di fatto, Kiev ha così segnato in maniera ancora più profonda il solco con la Russia.
L’agreement con Bruxelles liberalizza gradualmente il commercio, consentendo l’accesso illimitato ai 500 milioni di consumatori del blocco, il mercato unico più grande e ricco del mondo
www.winemag.it/ – 05/01/2021
L’omelia di Natale: “Bevete vino in abbondanza, in paradiso non c’è posto per gli astemi”
PIACENZA. “Mi raccomando, questo natale mangiate bene. Tutto. Vi invito a bere con abbondanza.
Per cortesia, la Coca Cola…vino buono. Il vino è segno della vita eterna.
In paradiso gli astemi non potranno venire, perché si beve il vino”.
Risate, ovvio, e applausi, per l’omelia scherzosa di don Pietro Cesena durante la messa di Natale della parrocchia Santi Angeli Custodi Piacenza. La messa di Natale era in streaming e il passaggio ha fatto il giuro d’Italia.
www.youtg.net – 25/12/2020
L’ottimismo di Casarsa, annunciata la Sagra del Vino
Si mette in moto la macchina organizzativa per la Sagra del Vino 2021. La Pro Casarsa della Delizia, insieme alla Città di Casarsa della Delizia e i Viticoltori Friulani La Delizia, promotori della storica manifestazione che nella primavera 2020 ha dovuto subire un anno di pausa, guardano con fiducia al nuovo anno e annunciano che, sebbene sarà attentamente valutata la situazione sanitaria in atto, l’edizione numero 73 della Sagra del Vino si farà dal 22 aprile al 3 maggio e contestualmente si festeggerà l’anniversario per i 40 anni della Pro Casarsa della Delizia.
In ogni caso, come si ricorderà, durante il lockdown di primavera gli organizzatori avevano comunque voluto realizzare un’edizione virtuale della tradizionale festa di primavera a causa dell’emergenza Covid-19 e per tutto il periodo in cui l’evento si sarebbe svolto, sulla pagina Facebook ufficiale della manifestazione sono state pubblicate ogni giorno delle foto storiche riguardanti le edizioni passate. Il pubblico aveva raggiunto, sommando i risultati dei vari post pubblicati, oltre 100 mila persone in totale sul social network.
“In questo modo abbiamo voluto tener vivo il ricordo di quello che per tutti i casarsesi è uno dei periodi più belli dell’anno e ci siamo riusciti perché il bilancio è stato positivo – ha spiegato il presidente della Pro Loco, Antonio Tesolin – ma, nonostante adesso stiamo purtroppo assistendo a una situazione preoccupante per contagi, non possiamo che guardare con speranza al futuro e con fiducia a questo 2021 che sta per iniziare.
Per questo a livello organizzativo ci stiamo già preparando per la prossima Sagra del Vino e ci auguriamo possa essere in presenza con ancora più coinvolgimento da parte di tutti. Noi ci crediamo. Inoltre per noi della Pro Casarsa sarà un anno importante: festeggeremo il 40esimo compleanno della nostra associazione e contiamo di poter creare dei momenti speciali per celebrare con tutti questo anniversario in occasione della Sagra del Vino”.
www.imagazine.it – 23/12/2020
Alcuni viticoltori aggiungono acqua di mare al vino come nell’antica Roma
C’è una cantina, nella bassa valle del Rodano nel Sud della Francia, dove è possibile assaggiare il vino come lo bevevano gli antichi romani, circa 2.000 anni fa, secondo ricette antichissime di Plinio il Vecchio e Lucius Moderatus Columella, un’autorità di spicco dell’agricoltura nell’impero romano.
Hervé Durand, proprietario del vigneto, produce il Turriculae secondo gli scritti di Columella: dopo aver calpestato l’uva, il mosto viene trasferito in un dolium vecchio di 2000 anni (un grosso vaso di ceramica usato dai romani) dove vengono aggiunti fieno macinato e iris. L’ultimo ingrediente è l’acqua di mare.
L’aggiunta d’acqua salata nell’antichità è stata una pratica di vinificazione molto usata: si hanno tracce di quest’usanza fin dal 160 a.C., anno in cui Catone il Vecchio incluse una ricetta in un trattato sull’agricoltura che prevedeva l’aggiunta d’acqua di mare al vino. Oltre a conferire una piacevolmente e inaspettata salinità, l’aggiunta di sale al vino ha aiutato a conservare meglio il nettare, solitamente abbastanza deperibile al tempo dei romani.
Durand non è l’unico produttore di vino a seguire ricette antiche di migliaia di anni. Come riporta Atlas Obscura, l’enologo portoghese Dirk Niepoort è venuto a conoscenza di questa pratica da un produttore di vino tradizionale delle Azzorre, che utilizza la tecnica per consentire alle sue bottiglie di durare più a lungo.
Niepoort, che produce alcuni dei Porto più apprezzati in Portogallo, aveva necessità di rendere i suoi vini più leggeri, e ha quindi deciso di provarci. «Soprattutto perché la mineralità è diventata una tendenza in crescita nella scena del vino», ha spiegato. Insieme ad altri produttori portoghesi, Niepoort ha constatato che una diluizione dell’1 per cento è perfetta perché impercettibile, ma grazie alla salinità si può dare “più vita” al vino.
«Come per il cibo, un pizzico di sale può risvegliare altri sapori. Il vino ha già la dolcezza degli zuccheri dell’uva, l’acidità del frutto e l’amaro dei suoi tannini, quindi la salinità è perfetta per bilanciare i sapori» ha detto Anselmo Mendes, uno dei produttori che ha collaborato al progetto.
www.rivistastudio.com – 22/12/2020
Affinare a 2.000 metri: il freddo amplifica le caratteristiche del vino, che evolve senza invecchiare
NELLE MINIERE D’ARGENTONel 1237 un documento dei Conti del Tirolo dichiara che l’argento estratto in Val Ridanna, una stretta valle altoatesina quasi al confine con l’Austria, era considerato il migliore d’Europa, l’Argentum Bonum. Oggi di quei tempi resta una miniera scavata nella montagna, a 2mila metri di quota: ed è lì che la produttrice Elena Walch ha deciso di affinare ogni anno una piccola parte della sua produzione. Solo bianchi, Gewürztraminer Kastelaz e la cuvée a base Chardonnay Beyond the Clouds. Un tocco d’argento regalato dal buio (per arrivare alla galleria di affinamento si percorrono tre chilometri all’interno del monte) e dalla temperatura costante di sette gradi con un’umidità del 95 per cento.
Tutto nasce per caso, con un ricordo di famiglia: «Fu mia nonna a notare che, nella nostra baita di montagna, la Schiava, un vino da bere giovane, non adatto all’invecchiamento, si manteneva bene per anni. Da lì, la ricerca di un luogo in quota per affinare le nostre bottiglie e donare loro una maggiore longevità. L’ex miniera d’argento ci è sembrata, anche simbolicamente, il luogo giusto», spiega Karoline Walch, figlia della produttrice e responsabile del progetto. Dal 2011 Walch riserva 1.200 bottiglie per tipo all’affinamento in miniera, dove riposano per quattro o cinque anni, si fregiano della dicitura Argentum Bonum in etichetta e sono poi vendute su prenotazione a privati o enoteche. Le degustazioni comparative con gli stessi vini affinati in cantina non mentono: quelli che arrivano dal cuore della montagna mostrano un colore dai toni più freddi e brillanti, segno di giovinezza, e una maturazione più lenta, più armonica e complessa. Leggi il resto di questo articolo »
Quel confronto senza tempo tra vino e birra
A parte l’idromele, bevanda alcoolica prodotta dalla fermentazione di una soluzione di miele in acqua, che sarà comunque sempre un prodotto di nicchia (anche per la rarità del miele stesso), fino alla scoperta medievale della distillazione due sono le bevande che tengono il campo nel mondo mediterraneo, all’incrocio dei tre continenti Asia, Africa ed Europa: la birra e il vino. Antichissime tutte e due, e sempre in qualche modo contrapposte.
Che cosa sono, storicamente parlando, vino e birra? Bevande fermentate, l’una prodotta col succo dell’uva (o, per estensione, di altri frutti zuccherini: spesso l’antichità non distingueva il vino da quello che noi chiamiamo sidro, di mele o di pere, e conosceva anche un vino di datteri), l’altra con orzo ed altre granaglie. Contrapposte, dicevamo: e siccome la nostra cultura europea ed occidentale, specie poi se meridionale, reca fortissima l’impronta greco-latina, siamo stati abituati a considerare la civiltà del vino superiore a quella della birra; bevanda in antico di popolazioni barbariche asiatiche ed africane, poi anche di quegli altri barbari del Nord, Galli e Germani, che non conoscevano la vite. La birra sarà così considerata nel Medio Evo “surrogato” del vino per popoli che non sono in grado di coltivare un vigneto. Ma non è andata proprio così.
Forse più antica del vino (forse…) la birra è la bevanda d’elezione di grandi civiltà fiorite ben prima di quella greca; sue patrie sono la cosiddetta Mezzaluna fertile, la Mesopotamia, e l’Egitto, e la si produce inizialmente con pane (d’orzo) poco cotto ammollato in acqua. Il metodo col quale tuttora in Russia, ma con pane di segale, si produce il Kvass e che, con un qualche successo, ma utilizzando pane di frumento, è stato riprodotto in alcune carceri italiane (esperimento in corso anche a Taranto, pur se rallentato da impacci burocraticofiscali, con impianti pronti e detenuti già qualificati attraverso corsi di formazione) per utilizzare i panini (in intatte confezioni sigillate monodose) rimasti non consumati a mensa. I Sumeri la chiamano per questo motivo “pane liquido”, e la utilizzano anche per pagare i salari degli operai. Leggi il resto di questo articolo »
Cos’è un “vino naturale”? “Una dicitura ingannevole per il consumatore”, dice l’Ue
Cos’è un vino naturale? Quando un vini si possono definire naturali? A rispondere è nientemeno che la Direzione Generale Agricoltura e Sviluppo Rurale (DG-AGRI) della Commissione europea, che giudica tale dicitura “ingannevole per il consumatore” e “contraria al diritto dell’Ue. Vigilerà dunque sul suo difforme utilizzo.
Una considerazione che non si rivolge solo al “vino naturale“, ma anche al “vin méthode nature“. Secondo la Commissione, “l’informazione spinge il consumatore a ritenere che il prodotto così designato abbia una qualità o salubrità superiore rispetto ad un altro vino che non riporta la medesima dicitura”.
Verrebbe così “suggerita una differenza sostanziale nella sua composizione e natura”, tale da considerare tale informazione “potenzialmente ingannevole e, quindi, contraria al diritto Ue”, nonché alle discipline vitivinicole.
In realtà, la dicitura “vino naturale” non rientra affatto nella disciplina europea e non è inclusa nella lista delle categorie di prodotti vitivinicoli presenti nell’allegato VII del regolamento Ue n. 1308/2013, parte II.
Allo stesso tempo, ai sensi dell’articolo 80 del regolamento Ue n. 1308/2013, le pratiche enologiche autorizzate sono impiegate “per consentire una buona vinificazione, una buona conservazione o un buon affinamento dei prodotti”.
“Esse – precisa la Commissione europea – preservano le caratteristiche naturali ed essenziali del vino, garantendone la composizione da modifiche sostanziali. Pertanto, un prodotto vitivinicolo può essere commercializzato come ‘vino naturale’ se rientra nella definizione di una delle richiamate categorie di prodotti vitivinicoli e se è stato ottenuto in conformità alle disposizioni sulle pratiche enologiche autorizzate, senza alcuna distinzione su quali particolari pratiche sono intervenute nel processo produttivo”.
www.winemag.it – 01/12/2020
Sognate di immergervi in una vasca piena di vino? Da oggi si può
Se avete accolto con golosità le specialità di alcuni centri estetici, nei quali si praticano massaggi a base di cioccolato o di vino rosso, non potrete che restare entusiasti della nuova esclusiva proposta di un centro benessere di Coventry, in Inghilterra -SpaSeekers- che propone giornate termali a base di vin brulé, sfruttando le già sperimentate proprietà antiossidanti del vino rosso, con l’aggiunta di spezie ed agrumi per un momento di relax dal tocco decisamente natalizio.
Ma facciamo un piccolo passo indietro per coloro che si fossero persi le nuove frontiere del relax. Il massaggio al cioccolato, solitamente della durata di 45 minuti, ha straordinarie proprietà emollienti e nutrienti, stimola le endorfine, responsabili del buon umore, mentre i polifenoli ed il tannino contenuti in esso agiscono contrastando l’invecchiamento cutaneo. Idem dicasi per il vino rosso, di cui, se bevuto in modica quantità, la stessa comunità scientifica più volte ha esaltato le proprietà anti ossidanti.
La vinoterapia I benefici dell’uva e del vino sulla pelle sono molteplici ed annoverano effetti antiossidanti, disintossicanti e tonificanti. L’uva ed il vino contengono resveratrolo, sali minerali e vitamine, tra cui quelle del gruppo B ed anche la vitamina C, le cui proprietà benefiche sono universalmente riconosciute a livello medico.
Tra le altre proprietà spicca la quercetina, utile per migliorare il microcircolo superficiale della pelle. Per vinoterapia dunque si intende quella serie di trattamenti cosmetici a base di vino rosso e mosto per la cura del viso e del corpo. Molto nota in Francia, la vinoterapia si è presto affermata e diffusa anche in Italia: parecchie sono le spa che la contemplano, dal Piemonte all’Alto Adige, dal Trentino alla Toscana.
E veniamo ora alla novità del momento, l’idromassaggio al vin brulé. Immersi in una vasca dalla confortevole temperatura di 37 gradi, vi sentirete avvolti e coccolati dai suoi deliziosi effluvi. Se il relax è ovviamente assicurato, altrettanto lo sono i benefici: i pori della vostra pelle, aprendosi, espelleranno le tossine, mentre i tannini contenuti nel vino e i polifenoli dell’uva e degli agrumi agiranno come antibatterici naturali e contribuiranno a migliorare la circolazione sanguigna.
L’unica accortezza che dovrete tenere a mente è di non ingerire la miscela nella quale sarete immersi, essendo trattata per creare un ph ad hoc. Ma non preoccupatevi, fuori dalla vasca avrete il vostro bicchiere omaggio di vin brulé per completare l’offerta che, unitamente ad uno scrub corpo e ad un lungo massaggio all’incenso, è di 60 sterline a persona.
Viene da desiderare di prendere l’aereo, pratica momentaneamente non consentita in tempi di pandemia, per poter godere di questo esclusivo ed originale trattamento, che speriamo possa esistere presto anche in Italia.
www.rtl.it – 28/11/2020