Curiosità
Il “superbasilico” che cresce nei fondali marini della Liguria
Chiamatelo pure “superbasilico” perché quello coltivato nelle biosfere sottomarine dell’Orto di Nemo dimostra di avere qualcosa in più rispetto ai suoi “colleghi” che crescono sulla terraferma: più verde, più aromatico e ricco di sostanze antiossidanti.
La notizia arriva dall’Università di Pisa, dove un team di ricercatori ha avuto il compito di valutare la risposta delle piante a condizioni di vita particolari come quelle che si trovano in fondo al mare.
L’Ateneo di Pisa è uno dei partner scientifici dell’Orto di Nemo, un progetto partito nel 2012 e promosso da Mestel Safety del Gruppo Ocean Reef, società che si occupa di strumentazioni subacquee, con l’obiettivo di realizzare un sistema alternativo di agricoltura per aree in cui le condizioni economiche o ambientali rendono difficile la crescita di specie vegetali a livello del suolo.
Il basilico sotto osservazione è stato coltivato in biosfere di metacrilato di alcuni metri di diametro immerse nel mare tra i 6 e i 10 metri di profondità di fronte a Noli, al largo delle coste della Liguria, terra che, come è noto, annovera tra le proprie eccellenze il basilico.
Dall’analisi è emerso che il basilico cresciuto nelle biosfere è carico di polifenoli e di pigmenti fotosintetici (clorofille e carotenoidi) per catturare meglio la minor luce che riceve rispetto a quella terrestre.
È inoltre più ricco di metil eugenolo, l’aroma volatile caratteristico del basilico genovese, rispetto a quello tradizionale che cresce sulla terraferma.
Dal punto di vista dell’aspetto non sono emerse differenze morfologiche al microscopio a scansione.
Adesso non resta che aspettare il test ai fornelli, magari proprio con la preparazione di un piatto di linguine al pesto…
https://winenews.it – 07/11/2019
Dodici bottiglie di vino sulla stazione spaziale per studiarne l’invecchiamento
Guardare, studiare ma assolutamente non sorseggiare. Dodici bottiglie di vino rosso di un’azienda con sede a Lussemburgo sono state inviate alla Stazione spaziale internazionale in nome della scienza.
Non quindi per essere bevute dagli astronauti, ma per studiare gli effetti della microgravità e delle radiazioni spaziali sul processo di invecchiamento.
La speranza è quella di sviluppare nuovi sapori e proprietà per l’industria alimentare.
La stessa azienda ha poi messo a disposizione altre 12 bottiglie di vino ai ricercatori che lavorano sulla Terra in modo da confrontare i lotti dopo un anno.
Tutte le bottiglie, quelle sulla Iss e quelle sulla Terra, rimarranno sigillate e verranno conservate a 64 gradi Fahrenheit.
Secondo i ricercatori, i due lotti avranno probabilmente un sapore diverso alla fine dell’esperimento.
Le 12 bottiglie di vino rosso sono solo alcune delle cose lanciate lo scorso sabato sulla Iss da Allops Island, in Virginia, negli Stati Uniti, dall’azienda Space Cargo Unlimited attraverso un razzo costruito da Northrop Grumman.
Nel pacco diretto alla Iss, che pesava circa 4 tonnellate, c’erano anche parti di auto sportive e un forno con tutto l’occorrente per fare biscotti con le gocce di cioccolato.
www.repubblica.it/scienze – 05/11/2019
Vino: Lombardia approva decreto su enoturismo
Via all’enoturismo in Lombardia. E’ stato infatti approvato dalla regione lo schema di Scia (Segnalazione certificata inizio attivita’) per l’esercizio dell’attivita’ enoturistica. Si tratta di un servizio che potranno offrire le aziende agricole e che ricomprende la produzione e la vendita del vino associata alla degustazione funzionale alla vendita.
Attraverso questo decreto, le aziende vitivinicole regolamenteranno le loro attivita’ di accoglienza, di divulgazione e degustazione, proponendo particolari percorsi esperienziali e turistici incentivando il mercato dei viaggi, delle vacanze e del turismo. . Bastera’ compilare una scia semplificata.
La Lombardia e’ una straordinaria regione vitivinicola, agricola e turistica. Unire questi aspetti e’ una scelta vincente e lungimirante per garantire redditivita’ e futuro alle nostre imprese” ha dichiarato Fabio Rolfi, assessore all’Agricoltura, alimentazione e sistemi verdi della regione Lombardia.
“Stiamo gia’ creando un registro regionale dedicato all’enoturismo e attivando corsi di formazione per operatori professionali. La Lombardia vuole sfruttare il forte legame tra vino e attrattivita’ turistica; nella nostra regione ci sono agriturismi e cantine che gia’ fanno degustazione di vino o di altre bevande con notevole indotto e con flussi turistici straordinari: per il nostro territorio era indispensabile definire i requisiti per l’esercizio dell’attivita’.
Questo decreto e’ frutto – ha concluso Rolfi – di un lavoro scrupoloso realizzato insieme ai consorzi lombardi. I nostri imprenditori agricoli chiedono di poter dedicare piu’ tempo al lavoro e meno alle carte bollate. Vogliamo accompagnarli in un percorso di crescita che possa essere valore aggiunto per tutto il territorio regionale”.
www.agroalimentarenews.com
Lacrime del vino: la scienza degli archetti sul bicchiere
Osservare le lacrime del vino – chiamate anche archetti del vino – può darci qualche informazione riguardo a quello che abbiamo nel bicchiere.
Nonostante qualcuno sia convinto che questo fenomeno sia collegato alla qualità del vino, in realtà è dovuto, almeno per buona parte, alla presenza di alcol nella bevanda. Maggiore è la percentuale alcolica nel vino, più netto sarà l’effetto.
Le prime osservazioni di questo fenomeno risalgono alla metà dell’800, ma gli scienziati stanno continuando ad indagarne i misteri, svelando risultati che aiutano gli esperti dall’ingegneria aerospaziale a quella elettronica.
Nonostante quello delle lacrime del vino sia un fenomeno facilmente osservabile – basta prendere un bicchiere, riempirlo con la bevanda alcolica e farlo leggermente roteare – spiegarne il funzionamento è tutto un altro paio di maniche.
Il primo scienziato a rimanere colpito dagli archetti che si formano nei calici fu James Thomson, ma fu un fisico italiano Carlo Marangoni, ad approfondirne i meccanismi.
Lo scienziato intuì che questo effetto doveva essere legato ad un gradiente di tensione superficiale tra i due componenti principali del vino: l’acqua e l’alcol: in parole povere, le molecole dell’acqua tendono a formare forti legami tra loro, mentre quelle dell’etanolo sono legate più debolmente. Questa differenza fa sì che il liquido con una maggiore tensione superficiale scorra allontanandosi dalla parte con minore tensione superficiale.
Ma qualcosa non tornava nel ragionamento: come fanno a formarsi le lacrime del vino in un bicchiere quando alcol e acqua sono mescolati in maniera omogenea? Si è scoperto che vicino alle pareti del bicchiere l’alcol tende ad evaporare più velocemente, grazie a quel piccolo «dislivello» che si forma a causa della capillarità, conosciuto come menisco. A causa di questo fenomeno le molecole di acqua sono più numerose e creano appunto il famoso gradiente.
www.innaturale.com – 28/10/2019
Vino: un tappo digitale aiuterà a bere con moderazione
Si chiamo #Pagoquantobevo il nuovo tappo digitale che servirà a limitare il consumo di vino e a bere, di conseguenza, con moderazione. Il fine è lodevole ossia educare alla responsabilità quando si ordina un drink e cercare di abbattere le stragi del sabato sera.
Il tappo è dotato di flussimetro e collegato a un’applicazione: misura il quantitativo esatto di vino versato, lo traccia in blockchain, rileva il grado alcolemico in relazione ai dati fisici che il consumatore inserisce sull’app e calcola, infine, il costo rapportandolo esattamente ai decilitri bevuti.
L’innovazione, firmata dalla start up Posti, fa parte di una delle trenta novità, selezionate dal responsabile Area Food e Agritech Carlo Hausmann e presentate alla settima edizione della Maker Faire Rome: la rassegna dedicata alle rivoluzioni digitali e promossa dalla Camera di Commercio di Roma con la sua Azienda speciale Innova Camera, in corso alla Fiera di Roma fino a oggi.
Nello stesso stand Posti presenta anche il “kit plug&play” del banchista hi-tech, un mix di tecnologia e informatica. Si tratta di una scatola contenente una stampante, un Ipad, uno spettrometro, un router wifi e un pos; un kit ideato per ottimizzare il lavoro del banchista in un progetto di tracciabilità.
In sostanza, dopo aver inserito sul tablet i dati riferiti al prodotto, con un click si stampa lo scontrino che contiene 4 informazioni principali: varietà, provenienza, data di raccolta, grado di maturazione e contemporaneamente si può procedere al pagamento.
www.dissapore.com – 20/10/2019
La Bibbia si legge al bar, con vino e degustazioni
La Bibbia al bar, tra un caffè e un bicchiere di vino. È l’originale iniziativa di due parroci di Salizzole, don Massimiliano Lucchi e don Luca Pedretti, i quali, dopo il successo dello scorso anno, hanno pensato di replicare l’esperienza ritornando nei locali pubblici per far conoscere i testi dei Vangeli che parlano di cibo.
Tutte le serate inizieranno alle 20.45 e saranno guidate dai parroci di Salizzole che si turneranno ogni lunedì e mercoledì a partire da domani e fino al 16 dicembre. Si partirà domani al bar «Da Ugo» di Salizzole parlando di vino con «Hai tenuto da parte il vino buono» insieme all’associazione «No-yes»
Ogni volta verrà presentato un brano del Vangelo sul servizio e sul banchetto, con un excursus biblico e culturale, con la possibilità di fare degustazioni gastronomiche legate al tema proposto.
m.larena.it – 20/10/2019
Il vino col tappo a vite è per forza cattivo?
L’avvitata decisa del tirabuchon che solca il sughero è uno di quei suoni che seduce l’udito più di tanti altri. E inganna, a quanto pare, perché ci ha convinti che il vino con tappo a vite sia cattivo, o comunque meno pregiato, rispetto al gemello con tappo in sughero. Una vera questione di contenitore che fa più differenza del contenuto, almeno nelle convinzioni generali: psicologicamente siamo proprio portati a credere che una bottiglia di ottimo vino con tappo di sughero sia più pregiata e garantisca la giusta qualità del vino. In realtà è più uno storytelling enologico che ci è stato inculcato da anni e anni di sottile lavoro e attaccamento alle tecniche “antiche”, mentre vini pregiati con tappo a vite scontano pesantemente questo background culturale.
Quindi no, non è vero che il vino con tappo a vite è più cattivo di quello con tappo in sughero, anzi. Franz Haas, uno dei produttori pionieri nella scelta del tappo a vite (l’azienda li usa e sperimenta dal 1973), ne descrive i pro: “Il tappo a vite ha i suoi difetti estetici e psicologici, ma rimane il fatto che è l’unica chiusura (con il tappo a corona ) che chiude la bottiglia come lo facevano i buoni tappi in sughero di una volta, ma quei tappi purtroppo non esistono più”. Leggi il resto di questo articolo »
Uva Cellarina, vitigno reliquia che torna in vita
È uno degli autoctoni del Nord Italia che sta scomparendo. Ma forse c’è ancora qualche speranza grazie all’associazione My Wine, che promuove il recupero di antichi cultivar in via di estinzione, e alla sua collaborazione con la Scuola enologica di Alba
Tutto è in iniziato per amore del buon vino. Nel 2010 un gruppo di amici piemontesi, ma tra questi anche alcuni stranieri che vivevano nella zona, decide di fondare l’associazione My Wine. L’obiettivo è comprare alcune vigne dismesse che circondavano il borgo di Cellarengo (AT) e farle ritornare produttive.
Siamo nel cosiddetto Pianalto di Poirino, un territorio a cavallo tra le ultime propaggini delle colline del Monferrato, il Roero e la pianura torinese. Qui un tempo era diffusa la coltivazione di un’antica varietà di uva autoctona, la Cellarina o Slarina, molto apprezzata, ma di resa decisamente inferiore rispetto alla Barbera. Proprio la minor produttività ne aveva decretato il graduale abbandono.
«Ci siamo chiesti: perché non recuperarla?– spiega Giuseppe Gianolio, uno dei promotori di My Wine – E qui è entrata in gioco la nostra passione enologica: la sfida è diventata non solo fare buon vino per la nostra tavola, ma riavviare la produzione di questo antico cultivar assieme a quello di uva barbera». Leggi il resto di questo articolo »
Olive, vino, tonno e caffè aromatizzati alla cannabis: arrestato chef nel Catanese
A metterlo nei guai, oltre alle piante di cannabis che coltivava, sono state le olive, il tonno, il vino e il caffè aromatizzati alla marijuana.
Un noto chef siciliano 50enne è stato arrestato dai carabinieri e poi rimesso in libertà in attesa del processo, perché nella sua abitazione a Trecastagni, nel Catanese, sono state trovate due piante di cannabis alte 2,5 metri e mezzo chilo di infiorescenze di canapa indiana in barattoli.
Di fronte all’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, lo chef si è difeso dichiarandosi un “consulente agroalimentare della cucina mediterranea del terzo millennio” alla ricerca di nuovi gusti e aromi.
I militari sono stati attratti dalle etichette ‘Santa Caterina SballOlives’, poste su un contenitore di olive trattate alla marijuana e su una bottiglia di vino ‘Kannamang’ trovate nella residenza del cuoco, alle pendici dell’Etna.
E con altrettanta sorpresa hanno trovato caffè e tonno aromatizzati alla cannabis.
Lo chef era stato inizialmente posto ai domiciliari, dopo la convalida dell’arresto è libero in attesa di essere processato.
Il cuoco ha collaborato con progetti teatrali, in qualità di ‘scenografo gastronomico’.
E a teatro ha portato in scena ‘Ricette immorali e cibi afrodisiaci’, pièce in cui unisce la tematica della cucina a quella della sensualità. Numerose le sue apparizioni in programmi di cucina della tv italiana e di network stranieri e le sue interviste.
http://www.rainews.it – 28/09/2019
Vino rosso con l’ostrica quando osare si può (ma servitelo freddo)
Abbinare vino rosso e ostriche è possibile. A dimostrarlo è stata l’azienda vitivinicola «La Collina dei Ciliegi» in occasione della serata «En Primeur», svolta il 7 settembre presso la località Erbin a Grezzana (Verona), nel cuore della Valpolicella.
La sfida, per superare il tabù enogastronomico, è stata preparata in sinergia con «I love Ostrica», promotore della cultura dell’ostrica e format di shop online catering e degustazioni con protagoniste ostriche, cruditès di mare e pescato di qualità.
La prova di abbinamento è stata realizzata con la Belòn, ostrica piatta affinata alla foce del fiume da cui prende il nome, e la Corvina Igt in purezza de «La Collina dei Ciliegi» prodotta con un’uva legata al territorio dell’Amarone, che, vinificata senza appassimento come monovitigno, regala – spiega una nota – freschezza e bevibilità degna di estivi vini bianchi.
Il risultato – spiegano gli esperti – è una esperienza unica all’assaggio grazie anche a un abbinamento che ha ripreso la vecchia usanza di servire il vino rosso ad una temperatura da bianco per un esito che ha visto il «il bouquet delicato del vino cullato dalle note salmastre dell’ostrica».
www.ladige.it – 12/09/2019