Curiosità
Il vino simbolo dello stare insieme e del legame sociale, “ingrediente” fondamentale delle feste
Protagonista dei brindisi di auguri, nei calici che affollano le tavolate già ricche di golosità ed abbondanza, il vino, nelle feste di fine anno, è assoluto protagonista.
E, forse più che in altri momenti dell’anno, si carica di una simbologia, religiosa e laica, molto forte ed importante. Come racconta a WineNews Marino Niola, giornalista, scrittore e professore di Antropologia e Miti e Riti della Gastronomia all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
“Il vino, in questi giorni di festa, che è anche festa dell’abbondanza, ha un ruolo centrale, sul piano del gusto, sul piano della tradizione ma anche sul piano della religione.
Non dobbiamo dimenticare che il dio che i Cristiani celebrano a Natale – spiega Niola – è un dio che si dona agli uomini in forma di pane e di vino. E sul piano laico, il vino simboleggia, lo stare insieme, il legale sociale, perché le feste di fine anno, in definitiva, restano una festa della comunità. Non a caso le famiglie si ritrovano, si ritrovano gli amici, e si celebra un legame di cui il vino, nella società occidentale, è da sempre un tramite fondamentale.
Non a caso i patti, da sempre, in occidente, si celebrano con il vino, un brindisi suggellava un’amicizia, mentre al contrario negare un brindisi, non bere insieme significava non essere amici. Quindi è chiaro che in una festa che celebra il legame, come il Natale, il vino sia probabilmente, un ingrediente fondamentale, se manca quello manca il senso di comunità”.
Insomma, come ricorda spesso Papa Francesco, senza vino non c’è festa. “E il vino diventa così importante sul piano della religione, proprio perché lo era sul piano laico, sul piano delle relazioni tra le persone, e probabilmente viene prima l’aspetto laico che quello religioso, che prende a modello questa funzione – aggiunge ancora Niola – che il vino aveva nell’Occidente già prima del Cristianesimo, dai tempi delle grandi “orge” alimentari che si celebravano in certi momenti dell’anno per festeggiare il raccolto, la semina.
E Natale è quello che resta di un’antica orgia, nel senso greco di “ergon” che vuole dire anche “fare le cose in un certo modo”, prescritto, ed è esattamente quello che noi facciamo a Natale: mangiamo in un modo prescritto, mangiamo sempre le stesse cose, e anche se abbiamo spesso l’impressione che resti solo un’abbuffata, ha un contenuto rituale molto forte.
Diciamo che ci abbuffiamo come Dio comanda!”.
winenews.it – 24/12/2018
Vino: arrivano i Migliori vini italiani 2019 di Luca Maroni
Cresce la qualità dei vini italiani, mentre sul fronte degli spumanti non ci sono rivali per varietà e bontà.
E’ quanto rivela l’Annuario 2019 dei Migliori Vini Italiani di Luca Maroni, 27esima edizione della guida che fotografa un settore in ottima forma.
In oltre mille pagine l’Annuario analizza 8.473 vini, 1.377 aziende vitivinicole, con 33.892 valutazioni completate da schede organolettiche, storia delle aziende produttrici, statistiche e graduatorie.
Secondo i punteggi assegnati nell’edizione 2019, difficilmente i vini dell’annata 2017 potranno essere uguagliati in futuro, ma la secchissima e striminzita uva del 2018, secondo l’enologo, si è rivelata un autentico capolavoro.
E a questo proposito l’Annuario 2019 è stato dedicato a Leonardo da Vinci che moriva proprio nel 1519; un grande appassionato di vino tanto da produrlo, berlo, studiarlo e descriverlo.
Maroni, infatti, ha compiuto un complesso lavoro nelle Cantine Leonardo da Vinci ristrutturando la linea dei vini a lui dedicati, realizzando un documentario sul rapporto tra Leonardo e il vino che sarà presentato durante le celebrazioni ufficiali dell’anniversario.
www.ansa.it – 07/12/2018
Un vino Malvasia… d’artista
C’è, nel cuore di Milano, in corso Magenta per la precisione, il frutto di una storia dimenticata, una storia che risale al 1482 e che ha, come protagonista principale, Leonardo da Vinci.
Milano in quegli anni era molto produttiva ed era una delle poche città in Europa a superare i centomila abitanti.
Leonardo si presentò alla corte di Ludovico il Moro con la lettera d’impiego nella quale descriveva i suoi progetti di opere idrauliche, apparati militari, di architettura e infine di pittura e scultura.
Gli furono assegnati alcuni lavori tra cui l’incarico di dipingere sul muro del refettorio della basilica di Santa Maria delle Grazie, l’ultima cena di Cristo.
La vigna regalata
La basilica era un luogo molto caro a Ludovico e alla sua famiglia. Fu così che, per ringraziare Leonardo, il Moro gli donò, nel 1498 (anno in cui terminò l’opera) una vigna di sedici pertiche, circa un ettaro, proprio di fronte alla chiesa. Leggi il resto di questo articolo »
Centinaio, regole chiare su promozione vino e enoturismo
Dare al sistema Paese delle regole chiare che consentano, in tempi rapidi, di promuovere all’estero l’intero settore del vino anche attraverso l’incentivazione delle attività connesse all’enoturismo.
E’ l’impegno preso, oggi in audizione al Senato, dal ministro delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo Gian Marco Centinaio che con questo obiettivo domani incontrerà i rappresentanti dell’intera filiera (Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Alleanza Cooperative Italiane – Agroalimentare, Unione Italiana Vini, Federvini, Federdoc, Assoenologi).
L’incontro è teso a continuare l’esame del testo di decretoo predisposto secondo la legge di Bilancio 2018 per definire, tra l’altro, le linee guida, i requisiti e standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica.”Mi preme far presente – ha detto Centinaio – che il nostro intento è quello di garantire la più efficace regolamentazione, con la collaborazione delle Regioni a cui è delegato il turismo, e anche dei Consorzi”.
”Le nostre eccellenze enogastronomiche, oltre ad essere un’enorme risorsa economica per il nostro Paese, rappresentano una straordinaria occasione – ha sottolineato infine il ministro – per promuovere una grande eredità culturale, anche dal punto di vista turistico.
In tale contesto, il vino è sicuramente uno dei settori trainanti del nostro agri-food, sia a livello nazionale che internazionale e può essere davvero la forza in più per il nostro Paese. Da qui la necessità di promuovere e valorizzare uno straordinario comparto in crescita che è rappresentato dall’enoturismo.
https://gazzettadelsud.it – 29/11/2018
Undici del vino” nell’unione nazionali di calcio vignaioli
Un’associazione cecinese, la “Undici del Vino”, è la realtà italiana che ha dato vita, insieme alle organizzazioni di altri sette Paesi, all’unione delle nazionali europee di calcio vignaioli, la quale è stata inaugurata nella tenuta vinicola di Danilo Steyer, presidente dell’associazione slovena del vino e del calcio.
La cecinese Undici del Vino, è nata nel 2006 con l’obiettivo di coniugare la passione per il vino e quella per il calcio.
Ha come finalità la promozione, lo sviluppo e la diffusione della cultura del vino, dell’enogastronomia e dello sport, e conta ventuno aziende associate, provenienti da diverse parti d’Italia.
Il presidente e il vicepresidente dell’associazione, Paolo Pacini e Luigi Brunetti, hanno recentemente partecipato all’incontro di Stoccarda, nel corso del quale si è discusso dei preparativi per il VinoEuro 2020 in Repubblica Ceca, previsto dal 19 al 23 maggio 2020, e degli sforzi per aumentare il numero dei Paesi partecipanti al progetto.
Il presidente delle otto associazioni nazionali di Italia, Svizzera, Ungheria, Portogallo, Slovenia, Repubblica Ceca, Austria e Germania, Robert Lönarz, ha scelto la Hochschule Geisenheim University come sede centrale della nuova associazione europea.
Gli otto Paesi aderenti all’Unione avevano già dato precedentemente vita alle nazionali vignaioli e disputano ogni due anni un campionato europeo. Una realtà, questa, che è in continua crescita, coniugando sport e buon vino, nell’ottica di una cooperazione tra diverse realtà nazionali.
http://iltirreno.gelocal.it – 08/11/2018
Carini, a scuola di… vendemmia: i piccoli alunni imparano a fare il vino
Le sezioni della scuola dell’infanzia Vanni Pucci dell’Istituto Comprensivo Renato Guttuso di Carini si sono cimentate nella produzione del loro primo vino.
L’esperienza che ha visti protagonisti i bambini di 4 e 5 anni, è stata ideata ed organizzata dalle maestre, in collaborazione con i rappresentanti di classe e di ciascuno dei genitori dei numerosissimi bambini, tutti impegnati a spiegare, in più tappe, i processi e le fasi che portano l’uva a trasformarsi in vino (a partire dalla parte teorica trattata in classe e dai numerosi esercizi preparatori).
I piccoli produttori vinicoli si sono cimentati nella diraspatura dei grappoli d’uva, cioè la separazione degli acini dai raspi, raccogliendoli in contenitori di plastica.
Successivamente hanno proseguito con la pigiatura a mano degli acini, ottenendo il succo d’uva.
Vedere le loro mani immerse nei contenitori che schiacciavano gli acini facendo fuoriuscire il succo faceva crescere i loro sorrisi, la loro curiosità ed il loro divertimento, in un’immagine agli occhi degli osservatori, indimenticabile, racchiudendo il vero significato della festa della vendemmia.
Hanno separato con l’aiuto degli adulti le vinacce dal succo raccogliendolo in una bottiglia come se fosse un piccolo tino (impossibile trasferire, a scuola, infatti, le botti).
Una vera e propria festa nelle nostre campagne e nella nostra isola.
Le maestre hanno spiegato la cultura del vino, la passione e l’impegno che ci vuole per ottenere un buon vino; e, inoltre, hanno spiegato con parole semplici che l’uva va curata già dal vigneto, la vendemmia e tutte le fasi necessarie, fino ad arrivare al giorno di San Martino nel quale il mosto, trasformato in vino, sarà travasato nelle bottigliette sulle quali saranno attaccate le etichette con scritto il nome del vino e l’anno di produzione.
Dopo il lavoro, il meritato riposo, festeggiando gradi e piccoli questa strepitosa esperienza di vita al Vanni Pucci dell’ICS Renato Guttuso di Carini.
www.palermotoday.it – 25/10/2018
Autunno al Muvis, il Museo del Vino più grande d’Europa
Con l’arrivo dell’autunno entrano nel vivo le iniziative del Muvis, il Museo del Vino più grande d’Europa, con visite guidate ed eventi speciali tra cui spettacoli musicali e teatrali.
Il Muvis (Museo del Vino e delle Scienze Agroalimentari), il cui solo percorso sotterraneo, su 4 livelli, supera i 3.000 metri quadrati, è sorto all’interno dell’ex complesso produttivo dei Conti Vaselli nel centro del piccolo borgo di Castiglione in Teverina, in provincia di Viterbo, sfruttando le vecchie cantine.
L’allestimento è stato studiato in modo da ottenere il coinvolgimento del visitatore: accanto alle tracce materiali e immateriali del mondo contadino (strumenti, foto, racconti) e delle vicende storiche ed umane delle Cantine Vaselli (con video, gigantografie e macchinari) sono stati “messi in scena”, con installazioni scenografiche, gli aspetti della produzione e della tradizione vinaria nel territorio della Teverina, accanto ai grandi temi di più ampio respiro culturale che il vino suggerisce.
In queste cantine, il Conte Romolo Vaselli (1898 – 1967) avviò sin dal 1942 una produzione vitivinicola di qualità che esportava in tutto il mondo.
Inoltrandosi nel percorso di visita del Muvis, fino in profondità nelle cantine, raggiungendo la “Cattedrale”, che custodisce le botti antiche più grandi d’Italia, si respira ancora l’identità di una comunità che per decenni ha vissuto assecondando il ritmo del lavoro in vigna.
www.ansa.it – 21/10/2018
Museo del Vino di Castiglione in Teverina
Le cantine del Muvis, luogo simbolico per la comunità castiglionese, sono oggi un contenitore museale di respiro internazionale. Il MUVIS è oggi il museo del vino più grande d’Europa dove il solo percorso sotterraneo, su 4 livelli, supera i 3.000 metri quadrati.
In questi giorni, con l’autunno, entrano nel vivo le iniziative del Museo del Vino con visite guidate ed eventi speciali tra cui spettacoli musicali e teatrali.
Il MUVIS (Museo del Vino e delle Scienze Agroalimentari) è sorto all’interno dell’ex complesso produttivo dei Conti Vaselli nel centro del piccolo borgo di Castiglione in Teverina, in provincia di Viterbo, sfruttando le vecchie cantine che oggi arricchiscono uno spettacolare percorso museale dedicato alla cultura enologica locale.
L’allestimento è stato studiato in modo da ottenere il pieno coinvolgimento del visitatore: accanto alle tracce materiali e immateriali del mondo contadino (strumenti, foto, racconti) e delle vicende storiche ed umane delle Cantine Vaselli (con video, gigantografie e macchinari) sono stati “messi in scena”, con installazioni scenografiche, gli aspetti della produzione e della tradizione vinaria nel territorio della Teverina, accanto ai grandi temi di più ampio respiro culturale che il vino suggerisce.
In queste cantine, il Conte Romolo Vaselli (1898 – 1967) avviò sin dal 1942 una produzione vitivinicola di qualità che esportava in tutto il mondo. Una produzione altamente competitiva nel comparto di vini rossi e bianchi, ma anche spumanti e vermout, che portò l’Orvieto Classico Doc Vaselli e il sangiovese Santa Giulia alla fama internazionale.
Inoltrandosi nel percorso di visita del Muvis, fino in profondità nelle cantine, raggiungendo la “Cattedrale”, che custodisce le botti antiche piu’ grandi d’Italia, si respira ancora l’identità di una comunità che per decenni ha vissuto assecondando il ritmo del lavoro in vigna, che ancora assicura una produzione d’eccellenza nella terra degli Etruschi.
Il Museo, il cui gestore è il Consorzio Etruria International, si può visitare tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18. Giorno di chiusura il martedì. www.muvis.it welcome@muvis.it
www.lafolla.it – 07/10/2018
Il Verdicchio sarà il vino del 2019, ascoltate uno stupido: Il buonappetito
La mia generazione – quella degli splendidi quaranta-cinquantenni – è cresciuta con il potentissimo immaginario del Verdicchio Fazi Battaglia. Ve lo ricordate il Fazi Battaglia? Con il suo contenitore riconoscibilissimo – la celebre bottiglia ad anfora di vetro verde – aveva conquistato il mondo.
Il Verdicchio Fazi Battaglia di quegli anni, diciamocelo, non era il miglior vino bianco italiano né il più economico, ma faceva numeri pazzeschi: avere l’”anfora” in tavola – con tanto di pergamenina, ricordate? – dava alle famiglie quel non-so-ché, un effetto simile alle simpaticissime bottiglie di Lancers o Matheus.
Poi i tempi cambiano, le tendenze si susseguono e il Verdicchio passò un po’ di moda, altri bianchi finirono sulle tavole degli italiani (il mio conterraneo Arneis, per dire), altre bottiglie conquistarono la fantasia, come quella con il “cavallo basso” del Bellavista.
Ma sei anni fa durante un viaggio nelle Marche ho capito che il Verdicchio era molto altro – e molto di più – del Fazi Battaglia: che vino splendido, ancor di più, per i miei personalissimi gusti, quello che viene dai vigneti matelicesi. Da allora il Verdicchio è diventato il bianco preferito da mia moglie ed ettolitri ne abbiamo bevuti.
Non siamo gli unici: negli ultimi anni il Verdicchio è cresciuto, e parecchio, in qualità, reputazione, immagine, volumi. Tuttavia non ha ancora lo spazio che merita sugli scaffali degli italiani e degli stranieri.
Ma ci siamo. Un paio di settimane fa ero a tavola seduto non distante da Walter Massa, l’uomo che ha “inventato” e reso grande il Timorasso, uno dei vini che hanno vissuto il maggior botto negli ultimi anni. E lui, con l’aria astuta che gli è propria, ha sancito: “il 2019 sarà l’anno del verdicchio”. Se lo dice Massa, ci scommetto anche io.
www.dissapore.com – 27/09/2018
L’anima del vino toscano
Massimo Rustichini fa il bis. Dopo il successo della sua prima opera “Chi ha rubato l’anima dell’acqua?”, ha edito recentemente “L’anima del vino toscano”.
Con quest’ultimo, Rustichini ha alzato il tiro. Oltre alla consueta e piacevole descrizione dei luoghi e dei personaggi che li animano, entra anche nella parte etica, produttiva e commerciale del mondo del vino.
Già il titolo è emblematico, toccando i vini di grandi e note aziende toscane, mettendoli in contrapposizione con i vini prodotti da piccole e medie aziende, con l’aiuto o meno, di enologi non celebri ma certamente validi.
Con questo, l’autore non vuole dire che essi sono migliori, ma solo che sono l’espressione dei propri terroir. Quindi ben distinti tra loro. Partendo dalla Lunigiana, Rustichini tocca via via, tutte le tappe del tour dei grandi vini di Toscana. Non solo.
Li umanizza secondo chi li fa. Gran parte di essi, sono ancora da scoprire compiutamente. Alla mia domanda del perché nel libro non ci sia neanche la foto di un vino o di un produttore, mi rispose che dal suo minuzioso ma invitante racconto, il lettore avrebbe conosciuto molto meglio entrambi.
Mettendolo sul piano enoico, questo secondo racconto di Massimo Rustichini, è come un vino rosso di buona annata da centellinare lentamente, godendone il ricco e complesso bouquet, e l’armonica struttura del vino. Un volume da tenere sia nella nostra biblioteca che in cantina.
L’augurio per l’amico Massimo? Cento di questi libri.
www.tigulliovino.it – 09/09/2018