Eventi

La Cina riconosce il Marchio Prosecco

La Repubblica Popolare Cinese tramite le competenti autorità ha riconosciuto il Marchio Prosecco.

Il Consorzio del Prosecco DOC aveva iniziato la pratica per ottenere l’importante riconoscimento nel 2014.
Aveva depositato allora la richiesta presso il CNIPA che è l’Ufficio Marchi Cinese.

La pubblicazione del riconoscimento della IG per il vino italiano ha scatenato la strenua opposizione da parte dei produttori di vino australiano rappresentati dall’ AGWI – Australian Grape and Wine Incorporated.

L’ opposizione era volta ad ostacolare il riconoscimento e la protezione della  IG – Indicazione Geografica Prosecco per il vino italiano.
Sono molti anni che nazioni quali l’Australia combattono con ogni mezzo la registrazione di importanti marchi di vini italiani.
Questo perché molti produttori vogliono o vorrebbero immettere nel mercato vini con nomi di fantasia o similari che richiamano i nostri prodotti.

Il CNIPA – Ufficio Marchi della Repubblica Popolare Cinese ha respinto l’opposizione dei produttori australiani.
Ha sentenziato che il Marchio Prosecco essendo una IG – Indicazione Geografica è idoneo a svolgere la funzione di marchio volto a distinguere l’origine del prodotto vino.
È un risultato molto importante e una conferma sul fronte della tutela internazionale dei nostri vini.

Il mercato cinese ha assunto oramai un ruolo strategicamente importante nel mercato dei vini.
Grandissima soddisfazione è stata giustamente espressa dai produttori e da Stefano Zanette presidente del Consorzio Prosecco DOC.

https://www.egnews.it – 04/01/2022

Il Prosecco batte lo Champagne, sorridono i produttori italiani

Il Prosecco batte lo Champagne, sorridono i produttori italiani

Il prosecco batte lo champagne piazzandosi al primo posto tra i vini di spumante esportati dagli Stati membri dell’Unione Europea verso paesi extra europei. Con 205 milioni di litri ovvero 41% la vittoria è molto netta considerando che lo Champagne, al secondo posto si ferma al 13%, 66 milioni di litri.

Tuttavia la vittoria è doppia e duplice è anche la soddisfazione da parte dei produttori poiché da poco la Cina ha riconosciuto ufficialmente il nostro Prosecco. Esulta quindi il Consorzio della Doc, con un altro importante riconoscimento internazionale. La partita era iniziata nel 2014 quando il Consorzio ha depositato in Cina il marchio collettivo Prosecco. Ora, il riconoscimento è arrivato anche dall’Ambasciatore d’Italia in Cina, Luca Ferrari. Egli in una lettera al presidente del consorzio, esprime i suoi “personali rallegramenti” per il primato. Al contempo, secondo le ultime stime, il Prosecco stacca al secondo posto lo Champagne con 66 milioni di litri. L’analisi dell’ufficio statistico dell’Unione europea registra che nel 2020, le esportazioni di spumanti dell’Ue verso i Paesi extra Unione sono state pari a 494 milioni di litri.

C’è stata una sensibile diminuzione rispetto al 2019, causata principalmente dalla pandemia globale; che ha colpito molto le esportazioni di vino, a causa delle chiusure totali. In precedenza le esportazioni erano aumentate in media dell’8% annualmente. Riguardo l’export italiano di spumante nostrano che ci riguarda strettamente da vicino, una stima di Coldiretti registra che allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre, all’estero sono state stappate oltre 620 milioni di bottiglie di spumante. Abbiamo stabilito un record storico con un aumento del 29% rispetto allo scorso anno. A fine anno quindi, si è raggiunto per la prima volta il massimo storico delle esportazioni estere, per un valore di circa 1,9 miliardi. W le bollicine italiane tricolore!

https://www.italiani.it – 03/01/2022

Il miglior vino bianco al mondo? E’ italiano

Non è certo un mistero che l’Italia abbia un’importante tradizione enologica. Per questo non dovrebbe stupire più di tanto il fatto che, da un campione di centinaia di prodotti, sia stato proprio un vino nostrano a essere definito il miglior bianco. A consegnare la corona d’alloro c’ha pensato il magazine statunitense Wine Enthusiast che, come ogni anno, ha stilato la sua personale classifica. Una graduatoria che, per il 2021, annovera ben 18 vini tricolori, uno dei quali finito davanti a tutti in quanto commistione giusta di qualità, lavorazione e anche prezzo.

Ben 22 mila vini degustati, solo 100 selezionati. L’attenzione degli esperti è meticolosa e letteralmente al millimetro. L’obiettivo è capire quali prodotti riescano effettivamente a sintetizzare tutte le qualità che ci si aspetta da un buon vino, bianco o rosso. E un tale sforzo di analisi, porta a risultati insperati lasciando scoprire che alcuni prodotti a basso costo possono essere comunque garanzia di qualità assoluta. La prima posizione in graduatoria, per la verità, la ottiene un vino francese, ovvero il rosso Margaux Château Siran 2018, ottimo nel rapporto qualità-prezzo. La medaglia d’argento assoluta (d’oro fra i bianchi) la ottiene però il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2019 di Bucci. Per gli esperti non c’è dubbio: si tratta di un vino bianco “assolutamente fenomenale”, per il gusto che concede ma anche per l’essere clemente con le tasche.

Tale bianco, infatti, si attesta su un costo inferiore ai 20 euro. In pratica, il miglior vino bianco del mondo potrebbe essere acquistato senza troppi sforzi in un qualsiasi supermercato. Si tratta, nello specifico, di un prodotto realizzato nelle Marche, forte di cinquant’anni di Denominazione di Origine Controllata. Ideale per accompagnare un primo di pesce o le verdure, viene definito leggero, cremoso e saporito. Inoltre, contrariamente al luogo comune che lo associa esclusivamente al pesce, si sposserebbe alla perfezione anche con le carni bianche. Il Verdicchio, in poche parole, rappresenta un’eccellenza a tutti gli effetti. Un termine che in sé, nonostante sia così altisonante, potrebbe dire poco. O meglio, non dire tutto. Perché il vino, in fondo, è un’esperienza da assaporare in ogni suo aspetto. E le etichette lasciano il tempo che trovano.

https://www.contocorrenteonline.it – 19/12/2021

“Alberi, non parole”: il Vino Nobile di Montepulciano in campo per la “giornata dell’albero”

Essere green e sostenibili, per una cantina o per un territorio del vino, vuol dire qualcosa di più che mettere in campo buone pratiche dentro ai confini delle aziende nella sola filiera enoica. Vuol dire, sempre più, prendersi cura del territorio, a 360 gradi. Percorso ben chiaro alla denominazione del Vino Nobile di Montepulciano, che, nella cittadina che è tra le perle del Rinascimento di Toscana, da tempo, è pioniera di tutto quello che è sostenibilità.

Percorso concretizzato in tante azioni, compresa quella del piantare nuovi alberi, una delle misure più “caldeggiate” dai ricercatori, per esempio, per contrastare il riscaldamento climatico. E, su questa scia, il 18 novembre, nella “Giornata dell’albero”, il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano pianterà la seconda parte dei 1.200 alberi per creare un bosco antistante l’Ospedale locale.

L’iniziativa è nata nel 2019 per contrastare l’inquinamento e i cambiamenti climatici e rientra nella certificazione della sostenibilità secondo la Norma Equalitas. Testimonial dell’evento il campione di basket Giacomo “Gek” Galanda e il direttore Winenews Alessandro Regoli, con la giornata che sarà guidata dalla storica voce di “Decanter” (Radio2 Rai), Tinto (alias Nicola Prudente). E così, giovedì 18 novembre, negli spazi antistanti l’ingresso degli Ospedali Riuniti della Valdichiana Senese, a Montepulciano, a partire dalle ore 10, saranno piantate altre 400 piante delle 1.200 che andranno a costituire un bosco vero e proprio entro il 2022.

È l’obiettivo del progetto “Alberi, non parole”, nato nel 2019, fermato nel 2020 dalla pandemia, e che quest’anno, Leggi il resto di questo articolo »

Russiola, il vino salvato

C’è un vino del territorio, nato dalle sabbie, forse il più antico della provincia di Ferrara, di grandissima nicchia, prodotto in quantità limitatissime (circa 10 ettolitri all’anno), a lungo giudicato come ‘pianta intrusa’ tra i filari, ma che un team di produttori e ricercatori sta salvando e valorizzando, tanto da averlo promosso anche in Cina, perché “i grandi mercati adorano le produzioni introvabili e perciò di valore”.

È la Russiola, un rosé tipico dell’areale comacchiese nelle cui potenzialità credono il sommelier Marco Simoni, con l’imprenditore Emanuele Mattarelli, il titolare di un impianto di centinaia di anni Marino Fogli e il ricercatore Sandro Colombi. Simoni e Mattarelli lo hanno presentato ieri al pubblico del Ferrara Food Festival, con degustazione allo stand dei vini del Bosco Eliceo, in piazza Trento e Trieste.

https://www.ilrestodelcarlino.it – 08/11/2021

Lady Gaga firma Dom Pérignon da collezione

Così Lady Gaga firma un’edizione limitata per Dom Pérignon Vintage 2010 e Rosé Vintage 2006, in confezioni iridiscenti che sono un’ode visiva alla fantasia e mutevolezza. Una produzione che assembla due creatori: da una parte Lady Gaga, dall’altra Dom Pérignon, nelle vesti del suo Chef de Cave Vincent Chaperon in una collaborazione ispirata, come sottolineano in una nota, “da una totale e condivisa convinzione nell’assoluta libertà creativa. Lady Gaga ispira gli altri a sognare, a sperimentare, a esprimersi. Dom Pérignon esplora continuamente i confini della creazione con ogni suo Millesimato, rivelando l’armonia di una natura in continua evoluzione, del clima e dei vincoli unici che ogni vendemmia porta con sé”. Insieme al Dom Pérignon Vintage 2010 la maison presenta per l’occasione un Dom Pérignon Rosé Vintage 2006 che, viene sottolineato, “sceglie di essere Rosé,.

E’ in nome della libertà: la libertà di avventurarsi, di liberarsi dalle convenzioni per spingersi oltre i limiti della creatività. Nato da questo desiderio di osare, Dom Pérignon Rosé coglie lo splendore rosso del Pinot Noir nella sua primordiale radiosità e ne cattura l’energia vitale in un assemblaggio audace e deciso, con sorprendente finale, iodato e salino”.

La collaborazione tra l’artista americana e la casa francese, annunciata per la prima volta nell’aprile 2021, si è già espressa attraverso una campagna pubblicitaria e una scultura in edizione limitata disegnata dall’artista americana. Ora in Italia saranno dedicate proprio a Dom Pérignon X Lady Gaga le vetrine degli store Rinascente di Firenze e Torino dal 9 al 22 novembre, di Milano Piazza Duomo dal 16 al 22 novembre e di Roma Via del Tritone dall’11 al 22 novembre.

https://www.ansa.it – 26/10/2021

Il Marsala è un vino inglese

Quando nel 1773 John Woodhouse da Liverpool approda a Marsala, l’impero britannico regna ancora incontrastato sul pianeta dove, associato al dominio militare, ha tessuto una fitta ed efficiente rete commerciale. Il ricco mercante inglese assaggia un vino dolce, ossidativo, che la gente del posto chiama Perpetuo e produce autonomamente, nelle cantine delle case, per consumo personale. Gli piace, fiuta l’affare, capisce che può trasformare quel prodotto in un brand, come già altre sostanze analoghe erano diffuse nell’impero coloniale. Perché il business riesca, però, Woodhouse deve risolvere un problema: “stabilizzare” il vino perché possa essere trasportato per migliaia di miglia, e possa essere consumato nell’arco di un lungo periodo. Lo risolve aumentando la gradazione alcolica. Il business riesce, la bottiglia con la grande etichetta gialla e la scritta in rosso “Woodhouse Marsala”, diventa un prodotto di successo.

Praticamente, il Perpetuo autoctono diventa la base del Marsala che verrà commercializzato dovunque nel mondo, primo fra tutti tra i componenti della Marina di sua Maestà. Il successo di Woodhouse crea una realtà di piccole e medie aziende produttrici siciliane che faranno di Marsala una città industriale, a dispetto di una potenziale vocazione marittima, sebbene permanga una flottiglia di pescherecci in fervente attività. Un tessuto industriale che nei decenni ’60 e ’70, con la perdita di appeal del Marsala, conosce però una grave crisi.

Erano gli anni delle coltivazioni intensive, dell’utilizzo della chimica nell’agricoltura: sistemi per rendere sempre più competitiva la produzione a abbassare i prezzi sul mercato, anche a discapito della qualità.

Da pochi anni, però, guidati da un vignaiolo visionario, Marco De Bartoli, Leggi il resto di questo articolo »

Festa dell’Uva e del Vino di Vo’

Per tre giorni, quindici cantine di Vo’ e degli altri Comuni dei Colli raccontano la storia dei Colli Euganei attraverso le loro migliori produzioni. Il territorio particolarmente vocato alla viticoltura ha dato asilo nel corso della storia a innumerevoli varietà di vitigni. Ognuna ha trovato un habitat particolare che le ha permesso di esprimersi in modi assolutamente originali.

Ma ci sono alcune varietà che rappresentano una trait d’union tra tutti i produttori euganei come ricorda Marco Calaon, il Presidente del Consorzio Vini Colli Euganei, «il Fior d’Arancio in primis, Docg dal 2011 si può degustare nella classica versione spumante, nella versione secca e in quella passita. L’uva moscato giallo con sui si produce il Fior d’Arancio è l’espressione massima della versatilità e della ricchezza dei suoli e dei microclimi euganei. Nel Fior d’Arancio si ritrovano sia le essenze mediterranee dei pendii esposti a sud che la freschezza e l’eleganza regalata dalle colline del nord».

L’anima rossa di queste vulcaniche colline è invece rappresentata dal Merlot e dai Cabernet, che troviamo nella couvee del Colli Euganei Rosso. Intorno al 1870 i Conti Corinaldi nei loro possedimenti di Lispida sono tra i primi in Italia a piantare Merlot e Cabernet per farne vino. I suoli, i climi, i microclimi euganei, l’assolazione, la conformazione stessa dell’areale e il tempo hanno conferito a queste uve caratteristiche rinvenibili solo qui.

A chiudere la passerella degli interpreti del territorio sarà poi presente il Serprino, biotipo della glera, che solo sugli Euganei fa da matrice a una bollicina sapida e minerale espressione ancora una volta di un territorio unico.

L’appuntamento per degustare questi e gli altri vini a doc e docg Colli Euganei è la Festa dell’Uva in programma dal 17 al 19 settembre 2021 in Piazza Liberazione a Vo’.

https://www.padovaoggi.it – 17/09/2021

Vino: da quest’anno si studierà anche a scuola

Il vino diventa materia di studio a scuola. Parte dalle “Donne del Vino” l’innovativo progetto che da quest’anno scolastico porterà il mondo e la tradizione della viticoltura italiana nel piano formativo di alcuni istituti alberghieri e turistici di tre regioni pilota italiane: Sicilia, Piemonte ed Emilia Romagna.

Ieri l’annuncio alla ViniMilo 2021 è stato dato da Roberta Urso, delegata per la Sicilia delle Donne del Vino, associazione nazionale, nata nel 1988, che riunisce un migliaio di tesserate fra produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste esperte del settore con l’obiettivo di diffondere la cultura e la conoscenza del vino attraverso la formazione e la valorizzazione della donna nel settore vitivinicolo. In Sicilia il progetto riguarderà gli istituti di Randazzo (Istituto Enrico Medi), Erice (Istituto Ignazio Florio) e Bisacquino (Istituto Di Vincenti).

“Abbiamo scoperto con grande stupore – spiega Roberta Urso – che in Italia negli istituti tecnici per il turismo e negli alberghieri il vino non è materia didattica come in quegli agrari. Una lacuna enorme se consideriamo la crescente richiesta di professionalità da parte delle cantine, dei ristoranti, dei distretti turistici e delle Strade del vino. Per questo abbiamo deciso di formare le nuove generazioni con lezioni dinamiche e non solo frontali che cureranno aspetti come la mescita, la lettura dell’etichetta, il dialogo con produttori ed enoturisti: un racconto reale anche con visite in azienda su come si lavora in vigna e in cantina.

Per i minori ci limiteremo alla parte visiva e olfattiva, mentre i maggiorenni potranno anche accedere alla parte degustativa”. La notizia è stata particolarmente apprezzata dal sindaco di Milo, Alfio Cosentino, che ha sottolineato come “ancora una volta ViniMilo si dimostra una piazza strategica per il confronto, lo sviluppo e la crescita culturale di comunità e territori non solo in Sicilia”.

https://www.ansa.it – 09/09/2021

Fresco di Masi, il vino pensato per i consumatori di domani

Quando le cantine italiane hanno cominciato a far arrivare i propri vini in Cina hanno commesso l’errore di considerare come pubblico di riferimento quello dei cinquantenni e dei sessantenni. Una più attenta analisi di mercato ha permesso di comprendere che non era quello il pubblico interessato alle etichette italiane. In Cina e in generale nel Far East i potenziali acquirenti si trovavano e si trovano tra i 20 e i 30-35 anni. Questo ragionamento comincia a fare presa anche nel mercato interno, le cantine più lungimiranti si rivolgono già alla cosiddetta “Generazione Z”, che raccoglie i giovani nati dal 1997 fino al 2010 e che segue l’ormai mitica generazione dei “Millennials”. E’ pensando alla “Generazione Z”, ma soprattutto ai consumatori di domani, che la cantina veronese Masi Agricola ha creato “Fresco di Masi”. Se non ci fosse stato il Covid, i due vini biologici (bianco e rosso) sarebbero stati presentati nei padiglioni del Vinitaly, in primavera. La presentazione, invece, è stata affidata in primavera a una delle ultime degustazioni online. Formula che di certo non rimpiangiamo ma che ha permesso, soprattutto nel 2020 e poi in parte nel 2021 di tenere il collegamento con le cantine.

L’idea della creazione di due vini biologici non era recente, ma la pandemia ha dato un contributo e velocizzato la realizzazione. Si tratta di due etichette che si ispirano a valori che oggi consideriamo imprescindibili, come l’autenticità, la sostenibilità. Parole che sono diventate un mantra per la Generazione Z. Raffaele Boscaini, responsabile del gruppo tecnico e settima generazione della famiglia alla guida della storica cantina veronese, ha ben riassunto lo spirito con cui questi vini sono nati: “Guardiamo ai consumatori di domani, a cui proponiamo un prodotto sostenibile. E’ una produzione ‘per sottrazione’ che minimizza l’intervento dell’uomo sulla natura, un ritorno alle origini e alla ricerca dell’essenza del vino”. Il prodotto è coerente, dal nome utilizzato, “Fresco”, dal vetro, più chiaro, al packaging. Come ha spiegato Boscaini, sono “vini sinceri, all’insegna della genuinità, semplici come una volta, ma buoni come ci si aspetta oggi”.

Fresco di Masi Rosso Verona igt nasce con uve locali, con un 70 per cento di Corvina. E poi con un 30 per cento di Merlot. Fresco di Masi Bianco Verona igt, invece, parte anche in questo caso da un vitigno locale, la Garganega (60 per cento). Poi Chardonnay e Pinot Grigio, con percentuali diverse a seconda dell’annata.

https://corrieredelveneto.corriere.it – 04/09/2021