Dal vino di qualità all’energia green la cantina globale a chilometro zero
Venezia «L a produzione di energia da biomasse della centrale di Fossalta di Portogruaro (Zignago Power) soddisfa non solo il 100% del fabbisogno della cantina, ma anche il 100% del fabbisogno della vetreria e ci restano megawatt che vendiamo alle altre società del gruppo e alla distribuzione.
Inoltre abbiamo anche l’energia fornita da due impianti fotovoltaici che a vista non impattano sul panorama circostante»: Ettore Nicoletto, amministratore delegato del Gruppo vitivinicolo Santa Margherita, è un torrente in piena. Una dietro l’altra snocciola le strategie adottate dal gruppo (che fa capo alla Zignago) nell’ambito di un riposizionamento globale basato sulla filosofia della cosiddetta coo-petition, come amano definire in azienda la crescita basata sulla cooperazione.
A tutti i livelli della filiera, a partire dall’acquisto di uve e vino: «Non scendiamo mai sotto livelli che definiamo di sostenibilità, anche nei momenti di ribasso estremo», racconta Nicoletto.
Energia sostenibile, bottiglie a chilometro zero, etichette di eccellenza, una cantina tutta ristrutturata: nel corso degli ultimi otto anni, il gruppo vinicolo ha investito circa 60 milioni di euro in un progetto “qualità” che ha dato ulteriore impulso anche alla redditività: il gruppo, presieduto da Gaetano Marzotto, è infatti al secondo posto nella classifica stilata ogni anno dal centro ricerche di Mediobanca, con un rapporto tra risultato netto e fatturato al 15,4%, in crescita di un punto percentuale sull’anno precedente.
Una case historydella nostra viticoltura, sempre caratterizzata dal fiutare per tempo i nuovi trend. Fin da quando, ormai quasi trent’anni fa, ha avuto l’intuizione di puntare tutto sul Pinot grigio e di esportarlo negli Usa, dove ha incontrato il gusto e il modo di bere degli americani, che nei weekend non si accontentano di un bicchiere, ma preferiscono lasciarsi alle spalle lo stress di una settimana di lavoro anche arrivando a una bottiglia.
Per il Pinot grigio, leggero, beverino, allora era stato subito un boom. E lo è ancora oggi. «Il Nord America continua a rappresentare il driver della crescita del nostro export — racconta Nicoletto — ormai rappresenta il 65% del giro d’affari e ha contribuito alla crescita complessiva che ha fatto registrare nel primo trimestre di quest’anno un incremento del 22% del fatturato, ormai vicino ai 100 milioni di euro».
Tra gli altri mercati importanti figurano Germania, Gran Bretagna, Australia, Giappone e Cina. Con 16,3 milioni di bottiglie prodotte e 551 ettari di terreno vitati, la qualità è un progetto ambizioso.
L’acquisizione di nuove tenute nell’area del Prosecco di Conegaliano Valdobbiadene, l’acquisizione e il re-impianto e ristrutturazione di vigneti in Toscana, Veneto e Franciacorta, la ristrutturazione e il potenziamento dei siti produttivi Santa Margherita a Portogruaro, Lamole di Lamole in Chianti e Ca’ del Bosco in Franciacorta, e la razionalizzazione dell’intero polo toscano, con la messa in rete delle operazioni delle tenute Lamole di Lamole, Vistarenni e Sassoregale, in Maremma.
Interventi di grande impatto che hanno consentito di amplificare la diversificazione di prodotto che ha il suo zoccolo duro nel mass market e arriva fino all’alto di gamma.
Cosa che consente di bilanciare il portafoglio. Alle etichette di base, ma con standard sempre alti, si affiancano le nicchie: la linea Impronta del fondatore, con Pinot grigio, Refosco, Rosso Lison Pramaggiore e persino un Malbech; la linea Selezione, con un Pinot grigio metodo classico Alto Adige e Luna dei Feldi, blend di Chardonnay, Muller Thurgau e Gewürztraminer dei Vigneti delle Dolomiti; la linea 52, Valdobbiadene Prosecco Rive di Refrontolo e 52 Extra Dry.
«L’impatto sulla marginalità dipende molto da quanto le diverse etichette sono supportate dall’equity del brand — spiega Nicoletto — Quando si tratta del Franciacorta Ca’ del Bosco, ad esempio, l’impatto è elevato sia su marginalità che su redditività; per Santa Margherita e gli altri marchi di nicchia si tratta per lo più di vini di immagine e di prestigio, con volumi contenuti, che rappresentano la massima espressione del territorio e del know how della cantina con una marginalità sempre importante ma un impatto modesto sulla redditività della marca e del gruppo nel suo complesso ». La cantina di Santa Margherita a Fossalta di Portogruaro.
repubblica.it – 24 giugno 2013