Nuovo attacco al vino dalla UE

I vini che hanno più mercato, spiegano gli operatori, fanno gola a tradizionali competitor come la Spagna, ma anche a Paesi emergenti nel panorama viticolo comunitario che vorrebbe equiparare l’uso di vitigni internazionali come Chardonnay e Merlot con gli autoctoni, un patrimonio particolarmente caratterizzante il Vigneto Italia.

«Siamo di fronte all’ennesimo attacco al vino – commenta il direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, Alberto Mazzoni – da parte di Bruxelles.

La liberalizzazione per i vini che prendono il nome dal vitigno, come nel caso del Verdicchio dei Castelli di Jesi e del Verdicchio di Matelica, è pura follia. Per le Marche poi sarebbe come buttare all’aria il lavoro fatto negli ultimi 40 anni».

«La materia – commenta Federvini – è effettivamente complessa: le regole di tutela valgono per i nomi geografici mentre non si applicano ai nomi di vitigno anche quando sono particolarmente espressivi di una zona/regione situazione che in Italia è particolarmente diffusa».

Tuttavia, i toni di Federvini sono ottimistici: «siamo certi che la sensibilità del Parlamento europeo ed in primis De Castro ci permetterà di portare avanti anche questa battaglia con la Commissione».

In Emilia Romagna, obietta il presidente dell’Enoteca Regionale Pierluigi Sciolette, «abbiamo varietà di vite storicamente autoctone. E non si capisce perché il Lambrusco che è uno dei vitigni più antichi d’Italia, ha mercato, ed è prodotto solo nelle province di Modena e Reggio Emilia, debba diventare di tutti».

«Ci stiamo occupando da tempo di questa questione – continua il presidente dell’Enoteca regionale – e abbiamo trovato buona audience al ministero delle Politiche agricole. In Emilia-Romagna vengono prodotti più di un milione di ettolitri di Lambrusco; una produzione enologica a denominazione che vale oltre 500 milioni di euro.

Ha fatto bene De Castro – conclude Sciolette – a sollevare pubblicamente una questione che tocca i nostri viticoltori, i nostri vini a denominazione, la nostra identità».

Herbert Dormann (Südtiroler Volkspartei) presidente dell’Intergruppo Vino del Parlamento europeo, ha esortato il settore a presentare a Bruxelles un proprio progetto di proposta in quanto teme che quella che verrà presentata dall’Esecutivo Ue «sarà peggiorativa rispetto a quanto é in vigore oggi».

Sulle apertura di mercato e la concorrenza Dormann é «preoccupato per gli accordi bilaterali in cui vengono aboliti i dazi sui vini a scapito dei prodotti Ue. E’ il caso del vino australiano e cileno che possono entrare in Cina a dazio zero».

Quanto alla protezione delle denominazioni e ai rischi che corrono i vini il cui nome é legato al solo vitigno, Dormann sostiene che «anche in Italia bisogna capire che posizione assumere.

Però, mette in guardia, dobbiamo essere coscienti del fatto che il nome del vitigno di per sé non é tutelabile in quanto non si può vietare a qualcuno nell’Ue di coltivare Lambrusco. Noi dobbiamo puntare sulla protezione delle denominazioni geografiche tutelabili».

Sul fatto poi che nel recente accordo di libero scambio tra gli Usa e grandi Paesi del Pacifico come il Giappone non sia presente la protezione di denominazioni geografiche, Dormann ammette: «questo non ci piace ma era prevedibile.

Gli Usa sanno però che, se vogliono fare un accordo con l’Ue non dovranno scendere al di sotto di quanto già concordato con il Canada».

www.primadanoi.it/news/italia – 19/11/2015

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