Ocratossina nel vino dei paesi mediterranei. Un ostacolo alle vendite
Questa micotossina è cancerogena, nefrotossica e immunodepressiva. Limiti sempre più stringenti a livello mondiale. Occorre agire in campo, per ridurre le contaminazioni, ma anche in cantina con agenti assorbenti e ceppi selezionati.
Per la prima volta uno studio integrato dell’Università spagnola di Navarra ha messi in evidenza come i vini dei paesi mediterranei siano tutti contaminati con ocratossina, o meglio ocratossine.
L’ocratossina A, quella su cui oggi si stanno concentrando la maggior parte delle ricerche, è stata riscontrata nel 99% dei 96 campioni esaminati. Insieme all’ocratossina A sono stati anche trovati i suoi omologhi (OTB, OTC, MeOTA, MeOTB e EtOTB).
L’ocratossina A è stata trovata a livelli medi di 455 ng/l accompagnata però da livelli di OTB, nel 90% dei casi, con concentrazioni tra i 2,05 e i 119 ng/l. Trovata anche la presenza di OTC a concentrazioni di 31,5 ng/l..
Nel complesso è stata riscontrata una forte associazione statistica tra le concentrazioni di OTA-OTB e OTA-OTC. Meno stringente l’associazione con MeOTA, MeOTB e EtOTB. Nel 44,8% dei vini, le sei ocratossine sono apparse contemporaneamente.Al contrario di quanto ci si può aspettare non sono stati riscontrati livelli di ocraossine statisticamente più elevati tra i vini del sud e del nord Europa. Livelli sempre più alti sono invece stati riscontrati per i campioni provenienti dal Nord Africa.
Sempre più insistente l’attenzione mondiale verso questo composto. La Commissione europea ha varato un limite per la ocratossina A in 2 mg/l e molte altre nazioni, anche emergenti, starebbero interessandosi al tema.
Nel commercio mondiale del vino, la presenza di OTA potrebbe rappresentare un fattore di rischio che potrebbe persino indurre un cambio di costumi da parte dei consumatori, specie quelli nuovi
Da qui la necessità di tenere sotto stretto controllo i contenuti di ocratossina nei vini. E’ noto, sulla base di vari studi condotti a livello internazionale, che le concentrazioni più elevate si hanno nei vini rossi, a seguire i rosati e infine i bianchi.
Andrà quindi prestata particolare attenzione in campo alla lotta antifungina specie per i vitigni a bacca rossa. Ideale sarebbe la possibilità, prima di giungere in cantina e andare in vinificaizone, di procedere a una vagliatura delle uve per eliminare quelle che presentano sintomi di attacco fungino e quindi contaminazioni da Aspergillus carbonarius.
In caso tale pratica sia impossibile è anche possibile intervenire in cantina, anche se con poche risorse e risultati non sempre all’altezza delle aspettative.
Alcuni agenti chiarificanti hanno mostrato una buona efficacia nell’abbattere il tenore in OTA. In particolare avrebbero mostrato i maggiori benefici i chitoni adsorbenti biodegradabili e non allegenici.
La nuova frontiera, però, secondo tutti i ricercatori, è l’utilizzo di metodi microbiologici. E’ infatti noto, a livello di ricerca in vitro, che alcuni ceppi di lieviti e di batteri sono in gradi di assorbire le ocratossine.
A questo proposito sono interessanti i risultati di uno dei primi studi applicati, da parte dell’Università ungherese di Eszterhazy Karoly.
La ricerca ha cercato di verificare l’attitudine di alcuni ceppi selezionati di Saccharomyces cerevisiae di assorbire o comunque demolire l’ocratossina A durante i processi di fermentazione.
Interessante notare come, secondo lo studio, l’aggiunta di lieviti ha fatto diminuire la concentrazione di Ota del 73-90% nella fase liquida, mentre il tenore di ocratossina è aumentato continuativamente, durante la fermentazione malolattica, nelle fece.
Questi risultati spiegano perchè l’utilizzo di chiarificanti portino a una diminuzione del contenuto di OTA ma forniscono anche indicazioni operative in cantina, in particolare riguardo alla movimentazione, con batonage o rimontaggi, delle fece che potrebbe causare, specie nell’imminenza dell’imbottigliamento, a un incremento delle concentrazioni di ocratossina A nel vino.
di Ernesto Vania