Rudy Kurniawan espulso dagli Stati Uniti: storia del più leggendario falsario di vini di sempre
Prima di essere estradato dagli Stati Uniti all’Indonesia Rudy Kurniawan, il più grande falsario al mondo di vini rari, ha litigato con la polizia: voleva un posto in business class nel volo che lo stava riportando verso casa. Dopo aver scontato 7 anni di prigione, al termine di una carriera costellata di bugie, Rudy pensava di essere tornato agli anni in cui girava su una Lamborghini, comprando e vendendo bottiglie per milioni di dollari. Era riuscito ad ingannare tutti, fino a quando, in un crescente delirio di onnipotenza, aveva piazzato bottiglie di un vino della Borgogna delle annate dal 1945 al 1966: un vino inesistente, perché la prima vendemmia risaliva al 1982.
Si era fatto conoscere acquistando costose casse alle aste. Era diventato una celebrità nel mondo del vino, pieno di illusioni e di creduloni che diventano collezionisti. A casa aveva una «cantina magica», così la chiamava: si procurava vecchie bottiglie e le riempiva di rosso da pochi soldi, dopo aver falsificato etichette e tappi. Rudy Kurniawan è stato l’incarnazione dell’inganno. Tutto di lui non rispondeva al vero. Neppure il nome, che ha preso a prestito da una star indonesiana di badminton. Quando negli anni 90 arrivò negli Stati Uniti con un visto da studente, nascose il suo vero nome: Zhen Wang Huang. Una fandonia anche le sue origini: non è il figlio di una ricca famiglia di commercianti asiatici, il suo indirizzo in Indonesia corrisponde a un modesto negozio di ferramenta. I genitori vendevano birra. Il miliardario-velista Bill Koch, che ha acquistato bottiglie taroccate da Rudy-Zhen per 4 milioni di dollari, ha scoperto che due zii del falsario hanno frodato alcune banche indonesiane per centinaia di milioni di dollari. Una parte di quei soldi sono stati forse usati per accreditarsi come un facoltoso ed estroverso collezionista di vini. Un’operazione riuscita: l’imperatore della critica enologica, Robert Parker, lo definì «un uomo molto dolce e generoso» (lo ha ricordato sul «New Yorker» Bianca Bosker, l’autrice del libro Cork Dork).
Come tutti i funamboli delle truffe, Rudy-Zhen sapeva essere istrionico e spiazzante, uno capace di sembrare un mentitore quando diceva la verità. A una cena gli chiesero come avesse fatto a diventare ricco: «Truffo la gente», rispose. E tutti risero. E lo applaudirono quando le 2006, alla casa d’aste Acker Merrall & Condit, riuscì a incassare 35 milioni di dollari vendendo i «gioielli della sua cantina magica». E poco importava che da più parti si avanzassero dubbi: Christie’s aveva ritirato dalla vendita alcune magnum di Chateau Le Pin del 1982, ritenendole non autentiche. E la stessa sorta era toccata a 22 lotti di vino Domaine Ponsot del valore di oltre 600.000 dollari. La vita di lussi e bevute raffinate di Rudy mascherava ogni sospetto, al punto che a Los Angeles lo chiamavano Doctor Conti, perché ritenuto un grande appassionato dei vini di Domaine de la Romanée-Conti, tra i più costosi al mondo. Era così convincente (oppure funzionale a un mercato che ha beneficiato dei continui rialzi delle quotazioni, favoriti anche dalla scia di denaro del collezionista truffaldino) da aver venduto più magnum di Chateau Lafleur del 1947 di quante ne fossero state davvero prodotte.
Solo nel 2012, quando gli agenti dell’Fbi perquisirono la sua casa di Los Angeles, si capì davvero quanto grande fosse il raggiro. Erano state trovate 19 mila etichette contraffate di 27 tra i migliori vini del mondo, soprattutto francesi della Borgogna e di Bordeaux. Al processo Rudy è stato condannato a 10 anni di carcere per aver venduto almeno 12 mila bottiglie di vini che erano rari sono nell’immaginazione di chi lo ha venduti e acquistati. Sono state decisive le prove raccolte dall’investigatrice Maureen Downey, l’esperta di contraffazioni assoldata dai truffati, che ha calcolato in 130 milioni di dollari il bottino dell’imputato. La Corte gli ha imposto di restituire 28,4 milioni di dollari alle sue vittime e gli ha sequestrato beni per 20 milioni di dollari, compresa una villa a Los Angeles, quote di una cantina in Borgogna, 21 super orologi e una penna Montblanc da 18 mila dollari. In carcere, Rudy ha visto il film «Sour Grapes», che Netflix ha mandato in onda per raccontare le sue imprese. Descrive bene il mondo di broker e banchieri che spendono centinaia o migliaia di dollari a bottiglia più per vantarsene che per passione. In fondo è stata questa la leva che è servita a Rudy Kurniawan per accumulare un tesoro forse non del tutto dissipato. Che forse già pregustava venerdì 10 aprile nello «scomodo sedile» che lo ha fatto spazientire sul volo da Dallas a Giacarta.
https://www.corriere.it – 16 aprile 2021