Caso Sauvignon: «Non esistono prove di sofisticazione»
Per i produttori è andata bene.
I periti hanno confermato che non esiste prova scientifica dell’uso da parte dei produttori di vino dei prodotti dell’enologo.
Lo ha affermato oggi – come riferito dall’Ansa – l’avvocato Giuseppe Campeis, al termine dell’ udienza – durata un paio d’ore – per ascoltare in contraddittorio tra le parti i due consulenti tecnici incaricati dal Gip di Udine di analizzare in incidente probatorio i campioni di mosto e vino prelevati nell’ambito dell’inchiesta sul Sauvignon.
«La Procura – ha aggiunto Campeis – ha insistito sul fatto che le prove siano venute meno per ossidazione.
Ipotesi che, su domanda della difesa, i periti dicono essere assolutamente astratta.
Non ci sono elementi e letteratura per dire in che tempi e a che condizioni il fenomeno si verifica. Siamo nel campo delle ipotesi».
Nei campioni di due cantine sono state trovate tracce di mesitile ossido, sostanza trovata in possesso dell’indagato e che secondo gli investigatori potrebbe essere stata usata per adulterare il mosto.
Ma secondo i consulenti il quantitativo è stato giudicato talmente basso da non poter stabilire se sia una presenza naturale o artificiale.
«Il tracciante – ha chiarito l’avvocato Ponti con il suo consulente – è presente nel vino in percentuali infinitesimali, ma la letteratura scientifica prevede che sia possibile una presenza naturale di questa sostanza in tutti i tipi di vino o, ad esempio, in altri preparati di frutta con principi di fermentazione».
www.udinetoday.it – 16/12/2015