Vino, ecco chi sono i vignaioli indipendenti
Sono piccoli, attenti alla qualità, impegnati nelle pratiche green e vivono per lo più in aree collinari e montane. Sono i produttori della Fivi, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, così come vengono descritti dall’identikit contenuto in un’analisi messa a punto da Nomisma Wine Monitor, l’osservatorio di Nomisma sul mercato del vino.
Dei veri e propri campioni della filiera vitivinicola che dalla vigna alla commercializzazione, passando per la cantina, rappresentano un modello vincente per l’economia del Paese, composto da poco più di 10 ettari di vigneto come superficie media coltivata da oltre 1.700 produttori associati, per una produzione che arriva a 75 tonnellate e a 38mila bottiglie vendute all’anno.
“Da tempo ci interroghiamo sul valore economico e sociale della nostra filiera produttiva, del modello produttivo dei vignaioli indipendenti sparsi su tutto il territorio nazionale – dice Lorenzo Cesconi, vignaiolo e presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti – i vignaioli indipendenti hanno un ruolo sociale importante, coltivando prevalentemente aree in territorio montano e collinare, dove c’è bisogno di presidiare e custodire un territorio altrimenti fragile. Il ruolo territoriale dei vignaioli ci è stato confermato dall’indagine, da cui emerge che coltiviamo per oltre l’80% zone di versante, in collina oppure in montagna”.
“I vigneti coltivati da questi produttori si trovano in quelle aree interne sempre più soggette a spopolamento e a rischio idrogeologico – rileva Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor – zone dove peraltro l’uva da vino rappresenta una delle poche produzioni agricole ancora in grado di dare reddito a chi la coltiva, con importanti risvolti sociali dal momento che esprime il 30% dei lavoratori a tempo indeterminato (contro il 10% della media italiana in agricoltura), il 28% di origine straniera (rispetto al 19%) e il 33% è donna”.
Inoltre – continua Cesconi, raccontando alcuni aspetti dell’analisi di Nomisma – “il nostro ruolo è importante per la definizione della qualità delle produzioni, tant’è che la scelta ricade sul biologico (più della metà), e il prezzo medio di vendita si attesta a circa il doppio rispetto alla media nazionale (7,7 euro contro 3,6 euro)”.
Elementi fondamentali che fanno della categoria uno dei player più importanti nell’enoturismo: con il 90% delle aziende che vende direttamente in cantina a clienti e turisti, per oltre il 40% stranieri, offrendo servizi come visite guidate e degustazioni.
E se non vengono loro, il vino dei vignaioli arriva direttamente all’estero, dal momento che il 71% esporta mentre un altro 23% ha intenzione di farlo nei prossimi anni, con gli Stati Uniti che rappresentano oggi il principale mercato estero di sbocco e altri mercati extra Ue che presto diventeranno sempre più strategici, in particolare nell’area asiatica.
https://agronotizie.imagelinenetwork.com – 19/11/2024